Il progetto Bruce and Steve ha preso vita nell’estate del 2019 dall’idea di due musicisti Veronesi, Tommaso Rossato (Bruce) e Stefano Soardo (Steve).
Entrambi sono nati come musicisti classici. Però, in questo caso, ad unirli è stata la comune passione per la canzone d’autore, il folk e i libri. Successivamente, hanno deciso di coinvolgere altri tre musicisti. Si tratta di Elia Pinna (prima chitarra), Nicola Eossin (basso) e Veronica Pinali (batteria, percussioni). Nel gennaio del 2021 è uscito il loro primo LP, “Songbook n.1”.
Siete entrambi musicisti classici. Come avete fatto confluire il vostro background nel folk?
Bruce: “Io penso che la genesi musicale vada oltre i generi e la tecnica. Comunque, tutto quello che faccio corrisponde a quello che sono stato e che ho studiato. Quindi, anche se esplicitamente non faccio il genere per il quale mi sono formato, in qualche modo viene espresso“.
Steve: “Padroneggiare il linguaggio della musica classica ti dà una forma mentale che pur approcciando il contemporaneo lo influenza. Quando scrivo, i miei punti di riferimento sono Simon & Garfunkel, i Pink Floyd, cioè i grandi del rock, tanto quanto Schubert e Bach o altri del rinascimento. Si sente nelle nostre realizzazioni armoniche, che sono diverse da quelle tipiche pop ma con un linguaggio comunque legato al pop
Parliamo meglio delle vostre influenze musicaliBruce: “Ascoltiamo dal repertorio operistico – Wagner, Verdi, Rossini – alla musica anni 70 – Emerson, Lake & Palmer, Pink Floyd. Io sono molto legato a Steven Wilson, un cantautore britannico, e Wayne Moss, un cantautore di Nashville”.
Steve: “Io sono molto influenzato anche dal folk americano”.
A livello letterario?
Steve: “Sono diverse. ‘Magdalen Walks’, ad esempio, l’ha scritta Bruce ispirandosi a una poesia di Oscar Wilde, un autore che io non amo particolarmente. Io ho scritto vari brani legati a Herman Melville, un autore che non è tra i preferiti di Bruce. Ovviamente siamo aperti alle diverse influenze”.
Raccontateci un pò di “Songbook n.1” …
Bruce: ”Il concept, essendo partiti da un’idea letteraria, era proprio quello di una sorta di ripiano. Infatti, una delle prime idee era ‘Bookshelf’, libreria. Quello dovrebbe essere il collegamento: avere piccoli volumetti, micromondi, uno accanto all’altro con i vari titoli. Per me, fare musica è raccontare delle storie e la nostra vita se vogliamo è una storia. Quindi, la musica è un suo prolungamento, una sua metafora”.I
l grosso della vostra produzione è uscito durante il picco della pandemia da Covid. Come avete vissuto la cosa, soprattutto il fatto di non poter promuovere le nuove canzoni live?
Steve: “È stata la fortuna del progetto. Se non ci fosse sato lo stop non ci sarebbe stato il tempo di chiudersi in sala prove, in studio. Abbiamo fatto qualche live in streaming e poi qualcuno col pubblico. Però, se non ci fosse stato il lockdown probabilmente sarebbe rimasto tutto un sogno nel cassetto”.
Prossimi progetti?
Steve: “Abbiamo un secondo album quasi pronto. Mancano tre tracce da registrare. E stiamo continuando a scrivere. Il nuovo disco è composto da brani già registrati nella prima sessione dell’altro album e nuovi pezzi. Il linguaggio si è molto ‘rockettizzato’ rispetto all’inizio. È rimasta però la matrice folk. Ci sono anche delle commistioni con la musica barocca e classica più marcate. Abbiamo poi in programma un live i primi di settembre al ‘Mura Festival’ (Verona)”.