I progetti di tutela sul patrimonio storico-artistico della diocesi di Verona, che, immenso, è diffuso capillarmente anche nel territorio, possono riservare vere e proprie sorprese. È il caso di una tela visibile sulla controfacciata della parrocchia di Sant’Andrea Apostolo, ad Orti di Bonavigo, già sua pala dell’altare maggiore. Rappresenta “La Trinità e i santi Andrea, Giovanni Battista e Rocco” e, firmata dal pittore ‘Sordo mantovano’, risale al 1575 circa. La presentazione del restauro si terrà il 1° dicembre alle ore 16.00 in chiesa, su invito del parroco don Davide Zanola che anticipa: «Da tempo desideravo far pulire il quadro come occasione per permettere alla nostra comunità di conoscerne la storia; il recupero ha poi confermato che si tratta di un’opera non solo bella ma anche interessante per diverse curiosità che mostra e che meritano di essere comprese». È su questa scia che si è organizzato il pomeriggio di domenica, che si colloca all’interno di un Progetto, denominato “I care, ci tengo” per riprendere il celebre motto di don Lorenzo Milani, dell’Associazione Chiese Vive, che ha finanziato il restauro interamente. Il suo Presidente mons. Giovanni Ballarini precisa: «Abbiamo verificato nel tempo i frutti di questo tipo di iniziative, attraverso le quali i cittadini veronesi e i parrocchiani vengono sensibilizzati nell’importanza dell’impegno sulla tutela del patrimonio diocesano d’arte e di fede. Offrire un incontro di restituzione a chi, questo patrimonio, vede e vive quotidianamente favorisce l’affezione per la propria chiesa e, quindi, per la propria storia». La storia del dipinto verrà raccontata da Letizia Tasso, funzionario storico dell’arte della Soprintendenza, che dichiara: «il nostro compito è stato accompagnato da alcune ricerche anche documentali volte a gettare nuova luce – ad esempio su una probabile provenienza mantovana dell’opera – che potrebbero rivelare sorprese legate ai ripensamenti pittorici emersi nel corso di più lavorazioni» e ora facilmente visibili ad occhio nudo. Si è di fronte, infatti, a diversi pentimenti sui quali era necessario un confronto serio tra le parti al fine di decidere i passi da compiere. In corso di studio, sono forse frutto di una sistemazione, cioè di un aggiornamento del quadro, avvenuta tempo dopo la sua realizzazione e legata alle sue movimentazioni. E questo grazie all’intervento della restauratrice Mara Onofrio, con la collaboratrice Paola Giupponi: «Quando il dipinto arrivò in laboratorio, furono da subito chiari gli aspetti problematici del degrado ma, piano piano, proseguendo nel recupero conservativo, il dipinto si è fatto conoscere, svelandoci la sua qualità tecnica e i suoi segreti».