Ci sono due grandi tormentoni che si rincorrono da decenni. L’area dell’innovazione con il Parco tecnologico e l’Area metropolitana. Per capire di cosa stiamo parlando torniamo agli Anni Ottanta: si tratta di progetti di sviluppo che la politica e le categorie economiche hanno cercato di portare avanti con grandi sforzi che si sono però fermati davanti allo scarso peso di Verona nelle stanze che contano. Ma ora assistiamo a nuovi tentativi. Prendiamo l’Area metropolitana, proposta analoga a quella che oggi si chiama Città metropolitana considerata da molti come la soluzione di tutti i problemi per Verona. Era il 1991 quando Verona e una parte dei Comuni contermini si proponevano di diventare Area metropolitana. La proposta politica venne portata all’attenzione della Regione che aveva il potere di decidere l’assetto urbanistico del territorio. Il presidente della Giunta regionale di allora era Franco Cremonese, democristiano. E ai veronesi rispose picche: fece capire che se nel Veneto c’è un’area metropolitana, questa era il triangolo Padova-Treviso-Venezia, ribattezzata PaTreVe. Punto e basta. Da allora Verona ha sempre sofferto di questo squilibrio regionale senza riuscire a mettere rimedio se non con velleitarie proposte di costituire la Regione del Garda per controbilanciare la PaTreVe. Bolle di sapone, chiacchiere che hanno dato un po’ di visibilità. Anche perché si sta dimostrando più praticabile la realizzazione di un’area forte lungo l’asse del Brennero. Quale sarebbe oggi la Città metropolitana? Torniamo indietro al 1988 invece per il Parco tecnologico e la Marangona, idea elaborata da Assindustria (non era ancora Confindustria) e presentata dall’allora presidente Bruno Bolla. Con il sostegno di enti pubblici e banche si riusciva a mettere sul tappeto un plafond di 20 miliardi di vecchie lire per costituire la società “Tecnosviluppo” che avrebbe gestito le opere per lo sviluppo dell’area della Marangona. Proprio quella Marangona che ancora oggi, a distanza di tanti anni, si deve ancora infrastrutturare e la cui vocazione è logistica. Negli anni successivi venne avanti poi l’idea di creare il parco Star, un distretto dove far arrivare i centri di ricerca sia delle imprese locali, che delle multinazionali dall’estero. Un centro di ricerca e sviluppo di supporto anche per le piccole e medie imprese. Ma nessuno ha voluto investire in questo progetto: meglio rivolgersi fare i brevetti nei centri di ricerca all’estero, lontani dalla concorrenza. E anche questa è stata una bolla di sapone.
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