L’export di merci e servizi di Verona nel mondo è calato del 7,6% nei primi nove mesi dell’anno a 8,1 miliardi di euro. L’import è diminuito del 20% a 9,7 miliardi di euro contro il 23,6% dei primi sei mesi.
Continua il rallentamento della bilancia commerciale veronese ma c’è stato un modesto rimbalzo nel III trimestre: la perdita di export rimane quindi stabile a 666 milioni di euro, 19 milioni in meno rispetto ai primi sei mesi del 2020. Il calo delle importazioni è stato invece del 20%. Se nel I semestre sono andati persi 1,99 miliardi di euro di importazione di merci e servizi, il dato tra gennaio e settembre quota 2,43 miliardi, quindi 441 milioni di perdita realizzata nel III trimestre.
“Verona ha tenuto di più, rispetto al Veneto (-11%) e all’Italia (-12,5%) – commenta il presidente della Camera di Commercio scaligera, Giuseppe Riello – L’arretramento inferiore alla media italiana e regionale conferma che la polisettorialità dell’economia veronese ha un effetto anticiclico. Il calo era inevitabile per effetto soprattutto del lockdown primaverile, ma c’è stato un importante recupero nel terzo trimestre. Confermano la loro competitività l’alimentare, il tessile-abbigliamento e l’ortofrutta che migliorano rispetto al 2019, tutti gli altri settori arretrano (il vino -3,5%, gli altri a doppia cifra). A perdere terreno sono stati i macchinari, il marmo, le calzature, la termomeccanica, i mobili e gli altri prodotti. Il brusco calo dell’import è legato alla stagnazione economica dei settori legati ai consumi interni, in particolare del comparto auto, che ha registrato un calo di 1,6 miliardi, il 34% in meno”.
Tra i primi dieci mercati di sbocco, tiene l’export della Germania, di fatto stazionario a 1,5 miliardi di euro (-0,5%) e aumentano la Svizzera del 76,8%, che passa da settimo a terzo mercato, e il Belgio, ottavo mercato in crescita del 38,9%. I risultati eccezionali di Svizzera e Belgio, si riferiscono all’export di tessile, abbigliamento e calzature per la Svizzera e ai prodotti farmaceutici per il Belgio. Sono in diminuzione tutti gli altri mercati, con percentuali quasi tutte a due cifre.
“La competitività delle imprese italiane va sostenuta: senza interventi mirati a rafforzare la situazione finanziaria delle imprese come, in primis, un allungamento della durata del debito assunto durante l’emergenza Covid, e senza un solido recupero di fatturato e cash flow dal 2021, in quasi tutti i settori di industria e servizi l’eccesso di indebitamento mette a rischio il flusso di nuovi investimenti produttivi. La possibilità di spalmare le perdite di bilancio 2020 nei prossimi 5 anni, adottata nella finanziaria, è un passo avanti verso la comprensione delle esigenze di liquidità delle imprese, ma il 2021 è iniziato con la spedizione di 50 milioni di cartelle esattoriali e con più restrittive norme sugli scoperti bancari”.