“Bigoli co l’anara o coe sardele de lago” Da “Pane e vino”, ristorante tipico di Verona, “...serviamo a quarti anche l’Amarone”

“Se stava ben quando ghera le lire”, mostrandoci la collezione appesa di vecchie banconote del papà. Ce lo racconta con un sorriso amaro Angelo Bonora, gigante buono, che senza grandi preavvisi ci ha aperto le porte del suo ristorante: “Mi hai beccato qui per caso, oggi ero di chiusura, ma son passato per sistemare delle cose”.
Perché, quando tra le mani hai qualcosa a cui tieni veramente, non ci sono soste che tengano. Soprattutto per uno chef, come lui: la sua è la Trattoria Pane Vino, a due passi dal centro e da quel lungadige che probabilmente ne ha ispirato il nome. “Questo posto esiste dagli anni ’80 e quando ci passavo da piccolo era una semplice osteria che già si chiamava così. Penso derivi dal lungadige qui vicino, Panvinio, ma prendila con le pinze”. E dopo gli anni da studente e insegnante passati all’alberghiero, decise che era arrivato il momento di entrare in azione. Diverse esperienze nelle cucine del lago di Garda, il suo primo ristorante a Zevio, fino al sogno di arrivare nel cuore della sua città.

Angelo, come e quando è nata questa idea?
Essendo di S. Lucia, volevo aprire in centro: siamo qui dal 2000, io in cucina e Alessandro il mio socio in sala. Da poco siamo diventati anche ristorante tipico di Verona con la targa del Comune, ma non abbiamo fatto nessuna fatica a rispettare quei requisiti, perché questo è da sempre il nostro obbiettivo.

Lo si nota subito dai titoli dei piatti, nel menù, scritti in dialetto.
Sì, tipo i “bigoli co l’anara”, “coe sardele de lago e pan gratà al presemolo”. I cicchetti “gardesani”, il cotechino con la pearà come antipasti. O il risotto all’amarone, la pastissada, il baccalà in tre versioni, piatti che cerchiamo di adattare ai tempi moderni. E per iniziare al meglio, abbiamo dei salumi di alta qualità.

Tipo?
Il vinappeso, lo speck wine, la coppa, la lombata, tutti prodotti affinati nel vino per diversi mesi, che tagliamo al momento con le nostre affettatrici Berkel ristrutturate: ne abbiamo una del ’34, che il signor Mario Zecchinelli ci ha recentemente risistemato e firmato. Poi, a dirla tutta, ci siamo autodefiniti anche la casa dell’Amarone.

Perchè?
Serviamo l’Amarone alla mescita, anche il quartino. Magari uno non vuole spendere tanto per una bottiglia o non vuole bere troppo, e diamo così a tutti, soprattutto ai turisti, la possibilità di assaggiarlo. Più vino per tutti. (ride)

La ricetta del giorno: Così faccio il risotto all’amarone

Raccontacelo, Angelo.
Riso vialone nano Melotti, brodo vegetale e 100ml di Amarone per ogni porzione.
E poi?
Tosto il riso, verso il vino senza farlo evaporare, poi il brodo vegetale, e a metà cottura aggiungo della cipolla rossa fatta a purè. Quando il riso è pronto, va mantecato con burro freddo e parmigiano. Infine completo con spuntoni di fonduta di monte veronese ubriaco e fiori edibili.
Vino da abbinarci?
L’Amarone della casa, cantina Domini Veneti
Prezzi?
Coperto 2.5, gli antipasti 12, primi 13, secondi 20/25, dolci 10

Fabio Ridolfi