Berruti, in 200 metri è nella leggenda Lo sprinter azzurro conquistò la medaglia d'oro alle Olimpiadi, eguagliando il mondiale

Il 3 settembre del 1960 Livio Berruti vince la medaglia d’oro nei 200 metri ai Giochi Olimpici di Roma, eguagliando il record del mondo col tempo di 20”5. Alle sue spalle lo statunitense Lester Carney e il franco-senegalese Abdodulaye Seye. 15 anni dopo sarà Pietro Mennea, altro campione italiano specialista nei 200 mt, il primo a scendere sotto quei 20”.
L’edizione di Roma della rassegna a cinque cerchi valse complessivamente agli atleti azzurri 13 ori, 10 argenti e 13 bronzi, portando l’Italia al terzo posto nel medagliere olimpico dietro a Unione Sovietica e Stati Uniti.
Davanti a 80.000 spettatori nella pista di atletica dello stadio Olimpico di Roma, i più forti corridori superarono senza difficoltà i primi due turni eliminatori. Nella seconda semifinale si presentarono tutti e tre i co-primatisti mondiali, i due americani Ray Norton e Stone Johnson e l’inglese Peter Radford, più Livio Berruti.
A vincere sarà proprio l’italiano davanti a Norton, eguagliando il primato del mondo e segnando il nuovo record olimpico. Durante il riscaldamento che precedeva la finale, Berruti a differenza degli avversari che si stavano allenando, rimase seduto sui gradini in mezzo alle Statue dello Stadio dei Marmi, bevendo aranciata e studiando per il suo esame di chimica.
A quel punto sorse un problema, ovvero quali scarpe indossare per la finale. Berruti infatti poneva sempre molta attenzione agli abbinamenti cromatici e le tre strisce delle Adidas con le quali aveva corso la semifinale stonavano con i suoi calzini bianchi. A quel punto optò per gli scarpini Valsport, meno performanti ma tutti bianchi. Berruti si pentirà di questa scelta subito dopo aver appreso a quanto ammontava il premio garantito dall’Adidas.
Due ore più tardi, tutto era pronto per la finale. Berruti si presentò per ultimo ai blocchi di partenza, indossando degli occhiali scuri e una canottiera di lana con apposto sopra il pettorale numero 596. Al primo sparo dello starter lui e l’americano Johnson fecero entrambi una falsa partenza. Al secondo sparo partirono regolarmente. Sfruttando la forza centrifuga e poi quella centripeta Berruti uscì dalla prima curva in testa, sul rettilineo rallentò per riprendere fiato e diede il tutto per tutto nel finale, fino a tagliare per primo il traguardo, con Johnson quinto e Norton addirittura ultimo. Lo stupore dei tifosi sugli spalti anticipò l’uscita del cronometraggio ufficiale, di nuovo il record di 20”5. Con il tedesco Armin Hary trionfante nei 100 metri, per la prima volta dal 1928 gli Stati Uniti non ottennero l’oro né sui 100 né sui 200 metri, inoltre non era mai capitato che queste due gare venissero vinte da due atleti europei.
Come premio per la medaglia d’oro Berruti ricevette una Fiat 500, ma con la vincita in denaro di 1 milione e 200.000 lire si comprò una Giulietta Sprint.
Ciò che però gli rimase impresso più di tutto di quella finale fu il volo di alcune colombe mentre percorreva la curva prima dell’ultimo rettilineo, interpretato come uno scudo protettivo dello Spirito Santo per la sua impresa olimpica.

Jacopo Segalotto