La semplicità al potere. Eppure è stato un grande, grandissimo. Bomber vero,con l’unico handicap di essere vissuto in un tempo…sbagliato. “Andate a vedere chi c’era ai miei tempi… Boninsegna, Bettega, Pulici, Riva, Prati, Anastasi… Per questo non ho rimpianti, magari potevo giocare di più in Nazionale, ma allora era cosi. Oggi, se fai due gol, ti chiamano subito. Allora, c’erano dei veri fenomeni…”
Fenomeno lo ero anche lui, “mister due miliardi”. Era l’idolo di Bologna, Beppegol, vietato toccarlo. Il Napoli lo voleva, “…ma il presidente Conti sapeva che la piazza avrebbe reagito. Così, firmò un mezzo accordo su un pezzo di carta, con Ferlaino, dicendogli di aspettare per capire come avrebbe reagito Bologna. Ferlaino invece
depositò quel documento in Lega e io divenni giocatore del Napoli. Una città e una squadra che porto sempre dentro di me. Fu un’esperienza bellissima, come del resto Bologna. L’etichetta? No, non mi ha mai pesato. I gol li ho sempre fatti, la gente mi voleva bene, sono stato benissimo, sempre…”.
Ricordi, aneddoti, allenatori che vanno, allenatori che vengono. “Pesaola, un mito. Dava sempre del lei a tutti. Anche in campo. Un giorno, al San Paolo, c’è un mio compagno di squadra che avanza palla al piede un po’ titubante. “Vada, vada…” gli urla Pesaola. “Vada, vada…”. Il mio compagno si ferma., non sa cosa fare, dà la palla all’indietro. E Pesaola gli urla: “Vada, vada, ma vada affanc…”.
E sempre Pesaola, intervistato prima di un’Atalanta-Bologna, assicura che “…faremo una partita d’attacco”. Il giorno dopo, il Bologna fa catenaccio e al termine, lo stesso giornalistgli chiede: “Ma scusi Pesaola, non aveva detto che avrebbe fatto una partita d’attacco?”
E Pesaola, senza scomporsi: “Me ano copiato l’idea, mi hanno copiato l’idea…”
Tra gli allenatori, non ha dubbi, “…il migliore che ho conosciuto è stato Nevio Scala. Sui banchi di Coverciano, diventammo amici. Grande come allenatore, ma grandissimo come uomo. Mai cambiato, sempre modesto, umile, un amico vero. Ricordo le sue mani grandi,
come due pale. Sono mani da contadino, mi diceva, il mio sogno è quello di coltivare la terra… Gente come lui manca al calcio italiano di oggi”.
Raffaele Tomelleri