Avevano spaccato l’Italia a suon di pugni. Nino l’istriano, Sandro «il Ciclone di Pontedera», anche lui campione del mondo. Era un’Italia diversa, con la boxe che creava eroi e li sbatteva sui rotocalchi, faceva sussultare le folle, al punto che Nino Benvenuti e Sandro Mazzinghi ingolfavano le cronache rosa, partecipavano ai varietà televisivi, cantanti e attori nei film cult dell’epoca, fino a lanciarsi in carriere politiche. Come Coppi e Bartali, Mazzola e Rivera, Dibiasi e Cagnotto, rivalità mai sopite.
A SAN SIRO. Il ring è allo stadio di San Siro, 40 mila persone sugli spalti e un parterre di popolari personaggi dello spettacolo come Marcello Mastroianni e Delia Scala, Rascel e Maurizio Arena. L’ incasso ha superato i cento milioni di lire, l’entità delle «borse» rispecchia l’importanza dell’evento: 22 milioni per Mazzinghi, 15 per Benvenuti. Il primo gong scocca alle 22.30, arbitra il milanese Piero Brambilla. L’Italia è con il fiato sospeso, divisa tra benvenutiani e mazzinghiani. Più forte Nino. No, meglio Mazzinghi. Botte metaforiche prima di quelle vere. Il match si risolve in meno di mezz’ora: il campione scarica su Benvenuti la sua boxe asfissiante e coraggiosa, potente e spericolata. Nino viene sballottato ma resiste. A 20 secondi dalla fine della sesta ripresa, il capolavoro: sull’ennesimo attacco del Gladiatore, Benvenuti muove un passetto laterale a sinistra e fa partire un montante destro terra-aria che si ferma, con effetti devastanti, sulla punta del mento dell’avversario. Mazzinghi va giù, con lui mezza Italia, e non si risolleverà più.
STORIE DIVERSE. Nino e Sandro appartengono a mondi diversi: stili di vita, carattere, carriera, modo di interpretare la boxe. Nino piace agli spettatori delle prime file: tecnico, preciso, lucido, pratica un pugilato per palati fini. Sandro è il beniamino di chi frequenta i posti meno costosi: generoso, aggressivo, impetuoso, talvolta al limite dell’imprudenza.
MAI AMICI. Fine del match, inizio della polemica. Mazzinghi anni dopo avrebbe denunciato: «Vollero imbastire quel match in fretta, con il pretesto che se non avessi accettato avrei perso il titolo. E l’arbitro contò troppo in fretta». In un’apparizione in un salotto televisivo, trascorsi altri anni, rincarerà e la dose accusando il vecchio rivale di non averlo rispettato violando anche il ricordo del dramma personale che l’aveva colpito (in un incidente, lui al volante, morì la moglie). La storia di una rivalità forte come quella tra Coppi e Bartali, ma più velenosa e imbarazzante, è in queste due date: 18 giugno allo stadio di San Siro, Milano; 17 dicembre al Palazzo dello Sport, Roma, per la rivincita. Due vittorie di Benvenuti: k.o. alla sesta e verdetto unanime ai punti. La carriera di Nino prese lì la sua formidabile rincorsa. Mazzinghi non ha mai accettato quelle sconfitte.
PAROLE DI STIMA. Il tempo, qualcosa ha cambiato. Ha cominciato Benvenuti. “Sandro è stato parte della mia vita, devo anche a lui se sono arrivato ad essere il numero 1. Lui mi ha fatto soffrire, mi ha insegnato a dare anche quello che non avevo”. E Mazzinghi: “Mi fa piacere, sentire Nino, dire queste cose. Anche lui è stato un grande avversario, col quale abbiamo diviso l’Italia. Ma siamo capitoli dello stesso libro”