Finalmente. Verona si è risvegliata. Un sole caldo, oggi, ha riaccolto le famiglie nelle piazze e nelle vie del centro. Tutti, o quasi, erano distanza di sicurezza e con la mascherina. Il peggio è passato? Non possiamo dirlo, e ascoltare l’esercito dei virologi non aiuta a chiarirci le idee. Di certo però questo primo assaggio di libertà, pur vigilata, ce lo siamo guadagnati, eccome. Il Veneto ha reagito all’epidemia molto meglio di altre regioni. Merito del nostro sistema sanitario, è evidente, ma se non avessimo avuto un comportamento responsabile non saremmo qui a parlare delle ordinanze di Zaia né di corse in pantaloncini corti e t-shirt. Lungo la passeggiata di Castelvecchio, stamattina, un gruppetto di trentenni discutevano di mare e vacanze. “Dove vado io la spiaggia è grande, non ci sarebbero problemi” diceva al resto della comitiva un ragazzo con la mascherina blu e i capelli rasati. Andremo in vacanza? Noi pensiamo di sì, speriamo che il caldo metta definitivamente ko il maledetto virus, ma ormai ci stiamo abituando a vivere nell’incertezza: due mesi fa parlare di queste cose sarebbe stato folle, dunque è già un traguardo. Piazza Bra non somiglia più a un paesaggio lunare: ristoranti e bar del Liston rimangono chiusi ma il salotto della città sta ricominciando a vivere: i piccoli girano in bici attorno alla fontana sotto lo sguardo attento dei grandi che si chiedono cosa si potr fare da lunedì. Già. La gente scherza sugli “affetti stabili” e si domanda se il premier Conte si farà prendere ancora una volta dalla febbre del sabato sera piombando nelle nostre case. Vedremo. Intanto Verona sta tornando a respirare, anche se il clima che si respira attorno a molti bar ricorda la Chicago degli anni ’20 alle prese col proibizionismo. Gli esercenti, per non morire di debiti prima ancora che di Covid, distribuiscono spritz e birre agli assetati passanti che per per non farsi beccare (e multare) dalle forze dell’ordine si rifugiano a sorseggiare nei vicoli: sbagliato ma comprensibile dopo due mesi rinchiusi a casa. I titolari dei locali non infrangono alcuna legge. Il “take away” è consentito: non lo è consumare i prodotti per strada. Non si potrebbe mangiare all’aperto neanche il gelato e però nessuno aspetta che stracciatella e pistacchio gli colino sulle dita. Il divieto di sedersi sulle panchine è un lontano e cupo ricordo. La basilica di San Zeno vigilia su una moltitudine di persone attente e ligie alle regole. Piazza delle Erbe, ancora libera dai banchi, diventa una pista di pattinaggio. Qualcuno usa lo skateboard. E’ una città diversa da come la ricordavamo. E’ ancora più bella, perché oggi stiamo imparando a gustarcela nella sua semplicità, a rispettarla più di prima. Speriamo che anche i turisti, presto, possano tornare ad apprezzarla in tutto il suo splendore. Anche se il turismo di massa, folle e incontrollato, francamente non ci manca neanche un po’. Ci auguriamo che quest’incubo sia servito anche a rivedere la politica del “dentro tutti”. Che la caccia forsennata al record di visitatori sia finita qui.