Non di sole foto patinate e contenuti superificiali vive Instagram. Se non ne siete convinti date un’occhiata a Battiture, account di divulgazione letteraria con oltre 150.000 follower dietro cui si nasconde la ventiquattrenne «tarantina DOC» Silvia Di Comite. Studentessa magistrale presso l’Università di Verona, nel 2018 ha fondato Battiture per dare voce al suo amore per la poesia. Passo dopo passo, la sua passione si è trasformata in un lavoro.
Com’è nato Battiture?
All’inizio era solo un diario personale in cui annotavo le poesie e le citazioni che mi piacevano. Poi ho cominciato a notare un incremento di followers e di contatti via messaggio, ma non ho creato questa pagina per uno scopo che non fosse il mio ritrovarmi attraverso le poesie. Mi ha fatto piacere notare che tante persone nutrivano nei confronti della poesia i miei stessi pensieri e sentimenti. Su Instagram ho scoperto un mondo nuovo.
Chi sono i tuoi followers e che rapporto hai con loro?
Il target specifico va dai 18 ai 24 anni, ma ho un’utenza molto trasversale: adolescenti, padri, madri, insegnanti, persone di tutte le età. Ho un rapporto molto sano con i miei seguaci, non mi interessano numeri, like, followers. Con molti di loro, invece, ho instaurato legami molto stretti. È meraviglioso quando mi scrivono, per esempio, che sono il loro punto di riferimento per quanto riguarda la poesia o quando mi dicono di star vivendo una situazione particolare che io, con una delle mie condivisioni, ho descritto perfettamente. Sto creando una famiglia con i miei stessi interessi, ma anche con la stessa voglia di leggere il mondo attraverso la poesia.
Come ti senti a sapere che il tuo lavoro ha un’eco così grande sulla vita delle persone?
Sono contenta se riesco a trasmettere l’amore che provo per la letteratura. Se una persona compra o legge un libro grazie a me io mi sento felice. Penso al mondo della lettura che, nel 2021, ha avuto un incremento importante anche grazie al mondo dei bookstagrammer sui social.
Sei l’autrice della prefazione di Hai vent’anni, libro d’esordio di Gennaro Madera. Ma tu stessa hai poco più di vent’anni! Come vedi l’ambiente lavorativo di un settore così di nicchia?
A tutti quelli che mi tarpavano le ali ho sempre risposto con un sorriso. Credo che tutto dipenda dal modo in cui tu ti poni nei confronti del tuo sogno; io un sogno mio ce l’ho, ho creato un mezzo per realizzarlo e ci sto provando. Poi se non dovesse andare so di avere anche tante altre idee. Ho una visione molto positiva e ottimista nei confronti del mio futuro e quello dei giovani in generale.
Quindi secondo te non è una “terra desolata”?
L’umanistica è tutto fuorché una terra desolata.
Credo che ogni lavoro sia un sinonimo di cura: c’è chi cura il corpo, chi la mente. Io credo che le discipline umanistiche siano una grande cura per l’anima, e quindi non moriranno mai, ce ne sarà sempre bisogno. Molti non sanno se scegliere una strada umanistico-artistica che li appassiona per paura di non trovare lavoro; quello che consiglio è: fate quello che vi fa battere il cuore e non sbaglierete.
Martina Bazzanella