“Barbra Streisand e il pandoro farcito” Ai “12 Apostoli” dove Antonio Gioco si racconta tra ricordi e una...rivoluzione in atto

Ci accoglie facendoci passare dalla cucina, non c’è ancora nessuno, ma già da mezzogiorno il personale arriverà per prepararsi in vista della cena: in uno studiolo pieno di libri e penne appartenute a tutte le celebrità passate, da Alberto Sordi, Enzo Biagi o Pavarotti, solo per citarne alcuni. “Pensa che Barbra Streisand in un’intervista alla Rai, citò il nostro pandoro farcito come una delle meraviglie d’Italia, tra la Torre di Pisa e le Cinque Terre”. Una stanza colma di ricordi, come quelli che in parte ha vissuto Antonio Gioco: la sua è stata la terza generazione nel portare avanti il “12 Apostoli”, ora dal 2018 c’è il figlio Filippo a mettere in atto “la rivoluzione”. Prima di loro il nonno Antonio, che rilevò il locale nel 1920 grazie all’amico Arnoldo Mondadori, e poi l’istrionico papà Giorgio, “cogo” che ha esaltato Verona, portandola a livelli altissimi.
Antonio, da dove parte il racconto?
Dal 1750, era già una locanda, quando venne scelto questo nome: i 12 apostoli in realtà erano 12 commercianti di piazza Erbe che venivano qui a ristorarsi.
Del nonno che ricordi ha?
Un aneddoto in particolare: era il ‘35 e Gabriele d’Annunzio suggerì a mio nonno di provare a servire le pietanze in due piatti dal colore diverso. In quelli chiari cibo mediocre, e in quelli scuri cose buone: i commensali preferirono comunque la portata del piatto chiaro e da allora non abbiamo mai servito in piatti scuri.
Papà Giorgio che tipo è stato?
Uno che non ha mai preso l’aereo in vita, perché il territorio veronese gli bastava eccome, aiutava qualsiasi piccola contrada ad esprimersi. Lui usava la cucina come un grimaldello per entrare nelle case della gente: non è stato uno chef stellato, è stato un “cogo” che aveva un ristorante stellato.
Lei dove si colloca?
Come l’anello di congiunzione tra il passato di mio padre e il futuro di Filippo. Anche se qui le figure fondamentali sono state le donne, da mia nonna Rosella, a mia mamma Iole e ora mia moglie Simonetta.
Mi parlava di una rivoluzione iniziata nel 2018?
Mai avrei pensato si potesse reinterpretare un locale con più di 100 anni di storia, questo grazie al coraggio di mio figlio e al sapere dello chef Mauro Buffo. La nostra storia è stata ondivaga: nel ’68 arrivammo ad avere due stelle Michelin, poi siamo spariti da tutte le guide e ora la stella è tornata.
L’ho scoperto da poco, ma il Verona appena scudettato, venne qui a festeggiare.
“Ghera la gente tacà alle grate”, Elkjaer e Briegel già alticci e una persona, dalla semplicità assordante, che sembrava avesse vinto il torneo parrocchiale: era Osvaldo Bagnoli.

Fabio Ridolfi

 

IL MENU

Antonio, si può raccontare il menù?

Diciamo che più che essere a ristorante qui siamo a teatro, e intolleranze a parte, il cliente si fida di noi

In cosa consiste?

In un unico percorso composto da 9/10 portate, con i vari piatti rintracciabili sul nostro sito.

Prezzo?

140€, bevande escluse.