Siamo al caos più totale. Era inevitabile. Viviamo in Italia. La quarantena non ci ha migliorati né peggiorati. Il mondo è cambiato, le teste no. Chi pensava che due mesi di divano e Netflix avrebbero modificato il nostro modo d’essere rientra nella categoria degli illusi, di chi vive di utopie. La Città del Sole di Tommaso Campanella: Potenza, Sapienza, Amore. Certo, come no! Il mondo reale è quello in cui il governo, e prima ancora le Regioni e i Comuni, dicono che si può tornare al bar a bere l’aperitivo e poi si indignano perché torme di giovani vi si riversano dopo otto settimane chiusi in casa. Certo, servirebbe maggior buonsenso da parte degli avventori, certe immagini da Nord a Sud di sicuro non sono edificanti, ché il virus pur in fase di ritirata (questo dicono i numeri) c’è ancora e probabilmente ha i suoi caricatori da sparare. Non è il tempo di fare i mona, lo sottolineiamo a scanso di equivoci. E però pensiamo alla movida di piazza delle Erbe rimbalzata su tutti i tiggì italici: solo chi non conosce la propria città poteva pensare che le cose sarebbero andate diversamente. Il resto è fuffa, bla bla bla di facciata, retorica da famiglia felice della Mulino Bianco. Prima il nemico pubblico numero uno erano i runner: ora il popolo dello spritz. Che ha lasciato la piazza in modo vergognoso, incivile, ma non è stato questo a scatenare la levata di scudi. Non giudichiamo l’operato di Sboarina: immaginiamo che sia stata una decisione difficile e forse anche sofferta quella di imporre ulteriori restrizioni ai locali. Un amministratore deve essere attento all’economia della città ma deve anche garantire la salute pubblica. E poi siamo sicuri che chi oggi lo critica ferocemente non avrebbe agito allo stesso modo? I delatori però, quelli sì che hanno sbarellato. Fanno a gara a chi mette in rete lo scatto più acchiappa like, ossia quello in cui rientra più gente. Che poi ci domandiamo: da dove scatteranno mai quelle foto, se non dal cuore degli assembramenti ai quali quindi contribuiscono anche loro? In assenza di calcio lo sport nazionale diventato la caccia all’untore. Se tanta gente si fosse indignata (civilmente, sia chiaro) nei confronti di chi gli ha dato 600 euro e una pedata nel sedere, forse i politici romani ora si comporterebbero diversamente. Venerdì sera, per piazza delle Erbe, è passato in bicicletta anche Jerry Calà, il quale non si è messo a scattare foto ma ha maturato un’idea chiara: “Non ho trovato molti ragazzini. Erano molto più numerosi i vitelloni, ossia i quarantenni” ha detto al Giornale. “Tanti erano con la mascherina calata e lo spritz in mano. Sembrava quasi che non gliene fregasse nulla di ciò che è accaduto e sta ancora accadendo. Questo sarebbe un fenomeno da studiare anche da un punto di vista sociologico”. E’ un giudizio duro ma equilibrato. Lo showman ha anche parlato dell’Arena, dove aveva in previsione di celebrare i 50 anni di carriera: “E’ tutto saltato”. O meglio, rinviato. Ma questa un’altra storia…