Parte il risiko per le autostrade nel Veneto, una partita miliardaria che sarà il piatto più ricco dei prossimi, due, tre anni. Tutto parte da una data: 2026. Questo è il termine di scadenza della concessione della Brescia-Padova, società autostradale controllata dalla spagnola Abertis. Finora la concessione è sempre stata prorogata per i lavori che la società doveva completare, per esempio la Valdastico nord. Ora proroghe non sono più possibili per le normative europee e nazionali che prevedono la gara per le concessioni in scadenza. La Brescia-Padova allora cosa farà? Lo scopriremo nella conferenza stampa prevista per domani mattina alle 10 nella sede di via Flavio Gioia dove il presidente del Gruppo A4 Holding Gonzalo Alcade illustrerà “ studi e analisi effettuati a seguito delle esigenze evidenziate dalle amministrazioni locali e dai vari stakeholder territoriali, rispetto all’evoluzione futura della tratta autostradale compresa fra Brescia e Padova”. Da quanto risulta alla Cronaca di Verona il piatto forte sarà la proposta di realizzare la quarta corsia da Brescia a Padova a fronte di un costante aumento del traffico. La presentazione di un project financing per la quarta corsia non comporterebbe la proroga della concessione ma andrebbe a gara, gara nella quale la Brescia-Padova avrebbe la prelazione essendo proponente, un evidente vantaggio competitivo e buone probabilità quindi di aggiudicarsi il lavoro e la conseguente gestione. Ma questo scenario pare non coincidere con i piani della Regione: il presidente Zaia ha spesso manifestato l’intenzione di creare una società autostradale unica in Veneto e questa scadenza del 2026 potrebbe essere un tassello importante. Come ente pubblico potrebbe chiedere di portare la Brescia-Padova in house, assieme al Passante di Mestre e alla Pedemontana. Quest’ultima è in forte perdita e con prospettive di sostenibilità finanziaria poco brillanti (vedi articoli successivi) mentre la A4 macina utili enormi. Inoltre la quarta corsia porterebbe via altro traffico alla Pedemontana che si innesterà proprio a Montebello vicentino (i lavori dovrebbero finire entro quest’anno). E la superstrada ha bisogno di traffico e pedaggi o non si sosterrà mai economicamente. Ecco perché motivi per ostacolare la Brescia-Padova e la quarta corsia non sono pochi. Siamo solo all’inizio.
Pedemontana, Regione a rischio? Relazione della Corte dei conti: lavori in ritardo, introiti scarsi. “Ma non è un buco nero”
La Pedemontana, la superstrada veneta che passa nell’Alto vicentino e arriva nel Trevigiano rischia di mettere in pericolo le casse della Regione. Così sostiene il gruppo regionale del Pd alla luce della relazione della Corte dei conti: “Un’opera che potrebbe causare il dissesto delle casse pubbliche della Regione Veneto” dicono dall’opposizione. Ma non è un allarme nuovo: tra il 2017 e il 2018 il presidente Zaia ipotizzava di inserire l’addizionale Irpef a carico di tutti i veneti per far fronte alle spese crescenti per la superstrada. Eventualità poi sfumata. Ma non archiviata. Proprio l’altro giorno il deputato di Forza Italia Flavio Tosi, vicepresidente della commissione Trasporti della Camera aveva inviato un chiaro messaggio a Zaia: giù le mani dalla Brescia-Padova, che non pensi possa diventare la cassaforte con la quale ripianare i costi della Pedemontana veneta. Insomma, il tema comincia a diventare rovente e a riguardare anche chi con la Pedemontana veneta ha poco o nulla a che fare: come reagirebbero i veronesi o i rodigini se dovessero pagare una tassa per una superstrada che non useranno mai? La Superstrada Pedemontana veneta, a pedaggio, si sviluppa su 94 km ma solo una parte è già entrata in esercizio. Attualmente la si imbocca dalla Valdastico e si procede verso Treviso; i collegamenti con la A27 e la A31 sono stati fatti ma manca quello più importante con la A4 al casello di Montebello. Il completamento è in grave ritardo e dovrebbe avvenire entro l’anno. E’ chiaro che senza le connessioni con le altre autostrade il traffico di veicoli continua ad essere ridotto e poco conveniente sul fronte degli incassi: si stimano tra i 27mila e i 30 mila veicoli al giorno. Di questo passo quando mai quest’opera diventerà economicamente sostenibile? Quali sono i rischi per la Regione che paga il canone al concessionario ma continua a incassare molto poco? “Il recente pronunciamento della Corte dei conti del Veneto dello scorso 29 maggio non è solo una pagella con voto 4 sullo stato di avanzamento dei lavori della Spv – Superstrada Pedemontana Veneta e sugli effetti che quest’opera avrà sulla finanza pubblica”, dicono Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Chiara Luisetto, Anna Maria Bigon, Andrea Zanoni e Francesca Zottis del gruppo regionale del Partito Democratico. La Regione, con l’ing. Elisabetta Pellegrini, già direttore del Dipartimento Infrastrutture, Trasporti, Lavori pubblici e Demanio del Veneto, aveva precisato nel gennaio 2022 che “La Pedemontana non è un buco nero voluto da Zaia e non è vero che i pedaggi siano i più alti in Italia”.
Il Pd: “La Superstrada è bocciata”. La Regione recuperi 20 milioni per l’Iva non dovuta. Buco in bilancio. Nuove tasse?
“Sul piano più generale, il pronunciamento dei magistrati erariali costituisce di fatto una bocciatura su tutta linea per quanto riguarda l’iter scelto dalla Regione del Veneto per supportare questo progetto. Ovvero un Project financing al contrario, che vede il rischio di impresa a carico della Regione del Veneto a causa della terza convenzione del 2017 che prevede entrate certe al privato (canone annuo prestabilito per 39 anni) e incassi incerti da parte della Regione (entrate da pedaggi dipendenti dal flusso di traffico)”. La Regione aveva precisato, sempre con l’ingegner Pellegrini, che era stato “rimodulato il ritorno economico del concessionario con una riduzione dei ricavi complessivi di 10 miliardi in 39 anni”. Tuttavia in questo secondo esame della Corte dei conti, i conti non tornano ancora. “Dalla lettura della relazione che vede come prima firmataria il magistrato Maria Elisabetta Locci si legge che ‘nessuna critici tà sollevata con il referto 2020, risulta definitivamente superata’, inoltre ‘… sebbene il termine ultimo di conclusione dei lavori nel Terzo atto convenzionale fosse previsto per l’11 settembre 2020, risultavano contabilizzati al 31 luglio 2020 lavori di esecuzione dell’opera per l’82,7% circa e alla data di approvazione del primo referto non erano ancora stati completati’”, affermano i consiglieri. Nelle conclusioni i magistrati scrivono che questi ritardi ammontano ‘dai 3 ai 6 anni circa, a seconda dei singoli lotti’. Considerato che la terza convenzione Regione-SPV prevede una penale di 25mila euro per ogni mese di ritardo significa che la Regione dovrebbe “riscuotere dalla SIS una somma che varia dai 900mila a 1.800.000 euro, cosa mai fatta”. “C’è poi l’inquietante questione su quanto la Regione del Veneto dovrà sborsare, si tratta di soldi dei veneti non di Zaia, durante i 39 anni di durata della concessione per garantire al privato, il guadagno previsto, in mancanza degli incassi da pedaggio. Infatti, come detto sopra, si prevedono 39 quote di canone certe, che partono da 180 milioni l’anno per arrivare anche a 450 milioni l’anno, che la Regione dovrà versare a SIS. Quote che dovrebbe pagare con gli incassi da pedaggio che notoriamente scarseggiano a causa dei pochi veicoli che percorrono la SPV”. C’è la speranza però che con l’apertura del collegamento con la A4 il traffico sulla Pedemontana cominci a crescere. “Il mancato introito da pedaggi ha già costretto la Giunta Zaia e la sua maggioranza ad approvare in bilancio un primo buco da 65 milioni di euro per il triennio 2023/2025. Per quanto concerne gli esborsi monetari a carico della Regione, scrivono i magistrati a pagina 10, si era rilevato che gli importi che la stessa era chiamata a corrispondere nel corso dei 39 anni di gestione non erano suscettivi di stima certa nel loro esatto ammontare”. Nel documento della Corte dei conti emerge inoltre l’accusa relativa alla mancata restituzione da parte di SIS alla Regione di ben 20 milioni di euro di Iva indebitamente versata alla SIS, che mai la Regione ha preteso venissero restituiti. Si prevede insomma lo spettro di una infrastruttura che, a differenza di quanto detto per anni, rischia di non essere auto-sostenibile economicamente sui soli incassi. Il rischio è di passare dal primo buco a una voragine e questo lo dicono pure i magistrati nella loro relazione”. Ci attendono nuove tasse? mb
Aeroporto, soci verso la lista unica. Arena alla presidenza, l’ad va a Save, entrano i nuovi Giacomazzi e Marco Wallner
Aeroporto Catullo, per il rinnovo del consiglio di amministrazione si va verso la lista unica. Nomi e candidature verranno controllate, vagliate e ratificate nella riunione del cda prevista domani pomeriggio in vista dell’assemblea che si svolgerà lunedì alle 17. Dopo settimane senza grandi intese soprattutto tra i soci veronesi, mentre il presidente di Save Enrico Marchi (43,4%) sapeva già benissimo le pedine da muovere, nelle ultime ore in città si è sbloccato qualcosa. Dopo una fitta rete di telefonate e di riunioni pare sia scongiurato lo scenario di una pericolosa divisione della governance con liste separate. Si sarebbe trovato l’accordo su una lista unica che garantirebbe anche una visione comune per la gestione dello scalo. Ecco l’ipotesi più accreditata, che potrebbe però modificarsi in qualche dettaglio. Per la presidenza l’uscente Paolo Arena verrebbe confermato in quota Camera di commercio (18,8); Save cambierebbe l’ad con un avvicendamento tra Monica Scarpa che resterebbe nel cda e lascerebbe il ruolo di amministratore delegato ad Alessandra Bonetti. I consiglieri uscenti Bricolo per il Comune e Corrà per la Provincia verrebbero sostituiti. Per la Provincia entrerebbe l’avvocato Daniele Giacomazzi, proposto dal Comune e fatto proprio dal presidente Pasini nel rispetto dell’accordo con il sindaco Tommasi mentre il posto che spetta al Comune (4,67) potrebbe essere in bilico fino all’ultimo momento perché anche Fondazione Cariverona con il 3% reclamerebbe un posto. Tra i nomi papabili ce n’è infatti un altro che spunta dalla quaterna presentata da Tommasi al presidente Pasini e sarebbe quello di Marco Wallner, rappresentante di Azione, sostenuto dall’area laica riformista della maggioranza Tommasi. Wallner, bocconiano, ha partecipato ai tavoli del programma Tommasi presiedendo la commissione economica ed è dirigente di una società di Unicredit, gruppo vicino a Fondazione Cariverona tanto che proprio dai vertici di questo istituto, più che da Palazzo Barbieri, è stato fortemente caldeggiato. Se dunque Wallner andrebbe a sostituire Bricolo, oggi presidente della Fiera, Giacomazzi per la Provincia sostituirebbe Mirko Corrà che era subentrato nel 2021 ad Albino Pezzini che venne nominato in cda nel 2020. Gli altri componenti del cda uscente verrebbero confermati: Mario Malossini per la Provincia di Trento, Rita Carisano, Fabio Gava, Flavio Piva. Salvo sorprese dell’ultima ora, resta poi da sistemare il rilancio dello scalo veronese. mb