Fonti del Movimento Cinque Stelle parlano di «clima cordiale» durante l’ennesimo vertice sull’autonomia regionale che si è tenuto a Palazzo Chigi subito dopo la conclusione del Consiglio dei ministri. La verità, spiegheranno poi altre fonti, quelle leghiste, è che l’atmosfera era parecchio tesa, e ciò era inevitabile dopo la crisi di governo sfiorata per un soffio a causa dell’ultimo duello verbale senza esclusione di colpi tra Salvini e Di Maio. Chiariamo subito: il vertice, c’era da aspettarselo, non ha deciso nulla. Il leader della Lega, come annunciato, era assente. Al tavolo, oltre al premier Conte, c’erano il collega vicepremier pentastellato, i ministri e sottosegretari grillini Fraccaro, Costa, Castelli, Buffagni e Giuliano, e i ministri del Carroccio Stefani, Locatelli e Bussetti. Quest’ultimo, titolare del dicastero all’Istruzione, ha dovuto subire l’imposizione grillina che ha portato alla soppressione dell’articolo 12 del testo sull’autonomia, quello che prevedeva l’assunzione diretta dei docenti su base regionale. Era stato rilevato un profilo di incostituzionalità all’ultimo vertice e i pentastellati si sono fatti forti di ciò. Non è un caso che il grillino Giuliano, sottosegretario all’Istruzione, sia stato il primo a commentare l’esito della riunione: «Ha prevalso la nostra linea, ha vinto la scuola italiana. Non ci saranno concorsi regionali, non ci saranno programmi differenziati. L’articolo 12 è stato soppresso». Conte ha tenuto a precisare che, in sostanza, è passata la sua linea: «Abbiamo fatto passi avanti significativi, intravediamo il traguardo. Sulla scuola si fonda la nostra identità, e per questo ho detto “no” alla frammentazione. La settimana prossima (lunedì, ndr) ci saranno ulteriori passaggi, ma si sta aprendo una finestra per portare il provvedimento in Consiglio dei ministri. Avevo preso un impegno» ha aggiunto «era sancito nel contratto, e adesso ragionevolmente ci avviciniamo al punto finale». Poi però il premier si è in parte smentito facendo capire che la questione è tutt’altro che risolta: «I governatori» ha sottolineato «non avranno tutto quello che hanno chiesto». A far capire che la partita è ben lontana dall’essere chiusa ci ha pensato anche il ministro leghista alle Autonomie: «L’autonomia» ha dichiarato la Stefani «funziona solo se c’è quella finanziaria. Su sanità, ambiente e sviluppo economico sono state accolte le richieste delle Regioni. Ma non accetteremo nessun compromesso. Chi riesce a garantire servizi efficienti riuscendo a risparmiare» ha puntualizzato «dovrà gestire come meglio crede queste risorse. Un’autonomia che non mira all’efficienza e al taglio degli sprechi non è un’autonomia. Premiare e stimolare l’efficienza e punire gli incapaci: sono questi gli obiettivi della Lega per far cresce il Paese da Nord a Sud». In mattinata il governatore leghista del Veneto Zaia era stato tranciante: «Oggi è una giornata epocale, la storia ci consegna in mano una grande opportunità: o questo governo si mette a lavorare pancia a terra e comincia a scolpire per bene il blocco di marmo per farne uscire un’opera d’arte che si chiama autonomia oppure sarà inevitabile l’inizio della fine. Non è assolutamente una minaccia» aveva tenuto a precisare «ma una costatazione. Non fare un passo in avanti per l’autonomia vuol dire venire meno a un impegno preso con i cittadini e di noi si può dire tutto, ma di certo non che non manteniamo la parola con i cittadini. Il mio auspicio è che si ritrovi il clima iniziale di collaborazione, di voglia di fare e che le energie vengano impiegate per fare e non per disfare». E ancora: «Salvini, l’ha già detto in più occasioni, ha una pazienza olimpica come si addice a un leader, ma è pur vero che, di certo, noi non passeremo alla storia per aver legittimato un’agonia. Per evitare gli sprechi» aveva concluso «bisogna recuperare tutto il tempo perso e l’autonomia è il banco di prova ideale e, ricordo, è stata votata da oltre 2 milioni di veneti con il sostegno del Movimento 5 Stelle. La mano destra non può smentire quella sinistra». Non resta che attendere. Ancora una volta. Ma il clima, tra gli “alleati” di governo, non è «cordiale» per nulla. E Zaia, dicono da Venezia, non è per niente soddisfatto.