La Cronaca l’aveva anticipato. La Lega, alle elezioni regionali di fine maggio, correrà a fianco solo di chi firmerà il patto per l’autonomia. A oggi, dunque, Fratelli d’Italia non rientrerebbe nell’accordo di governo con Salvini e Zaia. I forzisti, per quanto ridotti al lumicino in termini di voti, sarebbero invece della partita. Altre sigle che dovessero chiedere di correre con gli ex padani verranno valutate caso per caso. Al Gran Teatro Geox di Padova, dove circa 3 mila sostenitori della Lega hanno assistito al dibattito che oltre al leader di partito e al governatore ha visto la presenza di sportivi e imprenditori veneti tra cui l’ex sciatore Kristian Ghedina, il presidente di Confturismo e degli albergatori Marco Michielli, e Camilla Rossi Chauvenet (Massimago Wine), Salvini è stato chiaro. «L’autonomia partita dal Veneto» ha detto «sta contagiando anche tutte le altre regioni. Il prossimo governo dovrà farla e noi faremo un’alleanza a livello nazionale e regionale solo con chi ci garantirà per iscritto che l’autonomia sarà legge».
Equilibri (già precari) a rischio
Zanotto, Polato e Rando saranno candidati a Venezia: vacante un terzo di giunta.
NON SI TRANSIGE Del resto per Zaia è la madre di tutte le battaglie. Il “Doge”, sempre a Padova, lunedì pomeriggio, ha rivendicato l’autonomia anche davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’occasione è stata la celebrazione di Padova capitale europea 2020 del volontariato. Zaia non ha sciolto ufficialmente le riserve sulla sua ricandidatura: sarebbe la terza. E però, a meno di clamorosi colpi di scena a livello nazionale, si tratta di una semplice strategia: dal momento che sa di poter vincere a mani basse non ha nessun interesse a dare il via alla campagna elettorale, anche perché gli avversari sono ancora fermi al palo, consapevoli di andare incontro a sconfitta certa. La vittima sacrificale del Partito Democratico, comunque, potrebbe essere il vicesindaco di Padova Arturo Lorenzoni. Difficile che la sinistra riesca ad arrivare a un manager di successo, come si vociferava fino a un paio di mesi fa, dal momento che nessuno di loro correrebbe con la certezza di perdere. La Lega ha messo sul tavolo il patto per l’autonomia ma a prescindere da questa sono sempre di più gli amministratori veneti convinti che un accordo con gli storici alleati regalerebbe loro soltanto alcuni seggi che altrimenti finirebbero di sicuro al Carroccio: numeri alla mano è così. La Lega potrebbe non aver bisogno né della Meloni né di Berlusconi per superare il 50%, percentuale già raggiunta alle regionali 2019.
TOSATO PER IL POST SBOARINA Al Pala Geox c’erano anche molti politici veronesi. Oltre al vicesegretario leghista Lorenzo Fontana, in platea c’erano il senatore leghista Paolo Tosato, il deputato Paolo Paternoster, l’assessore regionale Elisa De Berti, il consigliere Alessandro Montagnoli, gli ultimi due sicuri di riconferma a Palazzo Ferro Fini. Il nome di Tosato, invece, comincia a girare per la successione tra due anni a Federico Sboarina. Il senatore, obtorto collo, nel 2017 aveva dovuto ritirare la propria candidatura: gli “alleati” volevano un civico e c’era il rischio che le tensioni interne potessero favorire la tosiana Patrizia Bisinella. A proposito di Palazzo Barbieri: alle regionali, per il centrodestra, correranno tre assessori su dieci, e dunque un terzo del governo cittadino potrebbe restare vacante. Chi prenderà il posto, dovessero venire eletti a Venezia, del vicesindaco Luca Zanotto, del titolare alla Sicurezza Daniele Polato e del collega allo Sport Filippo Rando? In ballo ci sono equilibri già molto delicati. Lega e Fratelli d’Italia – soprattutto quest’ultima se le regionali dovessero confermarne la crescita esponenziale anche in Veneto – vorranno rafforzare ulteriormente la propria posizione nella stanza dei bottoni. E a quel punto ricomincerebbero gli scossoni.
di Edoardo Russo