La maggior parte dei contagi da coronavirus potrebbero arrivare da persone che hanno contratto il Sars-CoV-2 ma non hanno ancora sviluppato i sintomi della malattia . Sarebbe proprio questo a rendere il virus così infettivo. È quanto emerge da una ricerca fatta da scienziati belgi e olandesi su dati di Singapore e Tianjin e anticipata dal Guardian. La ricerca non è ancora stata validata in via definitiva, ma se l’ipotesi dovesse essere confermata, avrebbe delle conseguenze importanti per le politiche di quarantena e isolamento (la cui necessità è sostenuta anche dal fatto che è molto complicato capire per quanto tempo un soggetto positivo ma asintomatico resti contagioso, come sottolineavamo qui). «Un’analisi delle infezioni a Singapore e a Tianjin in Cina ha rivelato che rispettivamente due terzi e tre quarti delle persone in quei cluster sembrano averlo preso da altre che stavano incubando il virus, ma ancora prive di sintomi — scrive il Guardian —. La scoperta ha sconcertato gli infettivologi, poiché significa che isolare le persone una volta che iniziano a sentirsi male è molto meno efficace nel rallentare la pandemia di quanto si fosse sperato». In altre parole serve un isolamento preventivo, come quello che è stato introdotto in Italia. I ricercatori hanno usato i dati disponibili per capire quanto è il tempo che intercorre tra il momento in cui una persona viene infettata e quello in cui ne infetta un’altra e hanno scoperto che è stato in media di 5,2 giorni a Singapore e di 3,95 giorni in Cina. Hanno poi stimato quale percentuale di infezioni è stata diffusa da persone che stavano ancora incubando il virus e che non avevano ancora sviluppato i sintomi. Per quanto lo studio presenti molte incertezze (gli scienziati non avevano informazioni precise su chi ha infettato chi) è risultato che c’è stata una sostanziale trasmissione del coronavirus da persone che non si erano ancora ammalate.