“Non siamo fantasmi”: è il grido d’allarme della Federazione Moda Italia-Confcommercio, alla quale aderiscono le imprese del commercio al dettaglio e all’ingrosso di abbigliamento, calzature e pelletterie. Un settore che, a causa della pandemia, sta attraversando una profonda crisi anche nel Veronese, come sottolinea il presidente provinciale dell’associazione di categoria, Mariano Lievore. “Gli acquisti da parte dei clienti sono pochissimi, meno della metà dello scorso anno: la situazione è gravissima ma non sono previsti ristori per la nostra categoria”, spiega.
“I decreti che si susseguono non fanno menzione di noi, siamo tra i grandi dimenticati di questo periodo. Di questo passo solo in provincia di Verona sono a rischio chiusura decine di imprese dei comparti abbigliamento, calzature, pelletteria, articoli sportivi, intimo, neonato, che nel complesso danno lavoro a centinaia di persone”.
Lievore aggiunge: “Hanno interrotto le cerimonie, ma nulla è stato previsto per sostenere i negozianti specializzati nelle vendite di capi eleganti; hanno sospeso molte attività sportive, ma i negozi di abbigliamento sportivo per ora non hanno alcun diritto ad un risarcimento. Più in generale il venir meno delle occasioni sociali di incontro come una cena fuori, poi la ripresa forte dello smart working e l’ipotesi di nuovi lockdown hanno praticamente paralizzato le vendite. Se a questo ci si aggiunge il timore per il futuro, si capisce bene come uno dei primi settori di consumo sacrificati sia stato il nostro”.
Anche la mancanza di turisti, soprattutto quelli dall’estero, ha giocato a sfavore della categoria. “Nonostante il quadro della crisi sia chiarissimo, per le istituzioni restiamo dei fantasmi: nessuno sembra accorgersi dei gravi danni subiti dai nostri negozi, che vivono di collezioni stagionali ed hanno investito ingenti capitali in prodotti che rischiano di restare fermi sugli scaffali. Se va avanti così, sarà un’ecatombe. Ecco perché sono urgenti misure di sostegno”, prosegue Lievore.
Poiché nel settore della moda i prodotti vengono acquistati con mesi e mesi di anticipo, sono tanti i negozianti ad essersi ritrovati in primavera prima, e in autunno poi, con gli scaffali pieni di merce invenduta. Senza parlare poi dei soldi investiti per adeguare locali e protocolli alle misure anti-covid.