“Quest’anno non possiamo sbagliare”. Sono anni che l’Hellas cerca la A e non riesce a trovarla. Le ultime stagioni, tra Cadè e Veneranda, hanno lasciato un senso di incompiuto. “Ci vuole altro” dicono Guidotti e gli altri soci, Di Lupo, D’Agostino e Vicentini. “Prendiamo Bagnoli”.
L’Osvaldo ha appena riportato in A il Cesena, lo vogliono in tanti. Fosse per lui, rimarrebbe anche a Cesena, dove lo adorano. “Ma ho la famiglia a Verona” dice alla società. “E la mia famiglia ha bisogno di me”.
Veronese è anche la moglie Rosanna, conosciuta ai tempi del Bagnoli giocatore, fine anni ‘50.
Così, quando il Verona chiama, l’Osvaldo non ha dubbi. “Vengo”. Il Verona, per lui, è un cerchio che si chiude. E’ casa sua. Lo sarà per sempre. Bagnoli non chiede niente, come sempre. Arrivano giocatori come Penzo, bomber maturo in cerca di rivincite. Ma anche ragazzi di belle speranze come Di Gennaro, uno che sembra uscito dal grande giro, la classica “promessa mai sbocciata”. Il portiere è Garella, rilanciato dalla Samp dopo le “garellate” romane.
Tricella invece c’è già, un “giovane-vecchio”, che diventa presto il leader.
Il gruppo è buono, al resto pensa lui, il “mago della Bovisa”. L’Osvaldo mette assieme Penzo e Gibellini, due che sembrano nati per giocare insieme. Dà fiducia a Guidolin, rilancia Di Gennaro, costruisce una squadra che gioca un calcio semplice ma essenziale. Non ingrana subito la quinta, ma quando lo fa, non ce n’è più per nessuno. E con 16 uomini (contateli, sono questi della foto…) il Verona torna in A. Nessuno lo sa, ma è soltanto l’inizio di una favola senza fine…