Ariaferma e “l’assurdità del carcere” Film tra i più belli della Mostra di Venezia, ma distribuito in pochissime sale

Tra i più belli in assoluto visti alla 78ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Ariaferma è un film diretto da Leonardo Di Costanzo e basato su ricerche condotte dall’autore in persona all’interno di svariate carceri italiane. Distribuito, ahinoi, in pochissime sale italiane, il film racconta, per le parole del regista stesso, «non le condizioni di vita in carcere, ma l’assurdità del carcere stesso».

LA STORIA
Quello di Mortana è un carcere di provincia in via di chiusura. Tutti i detenuti sono stati trasferiti, le guardie sono felici di essere dismesse e altrove occupate, finché non arriva l’ordine dalla direttrice: 12 detenuti da un altro carcere dovranno attendere il trasferimento finale proprio a Mortana, il personale dovrà continuare a essere operativo ancora per qualche giorno e tenere a bada i dodici galeotti fino a nuovo ordine. Il capo ispettore, Gaetano Gargiulo, e un gruppo di guardie penitenziarie accolgono con insofferenza la notizia, ma l’arrivo dei nuovi ospiti avrà uno strano modo di rivoluzionare le dinamiche di potere tra carceriere e carcerato cui tutti noi eravamo abituati.

I TEMI
«È difficile stare in carcere, eh!?», dice il camorrista Carmine Lagioia al capo ispettore durante un momento di pausa dai suoi temporanei doveri culinari.
In questa frase si sintetizza forse tutto l’equilibro e l’intelligenza del film di Di Costanzo, dove al di sopra dell’attenzione per la vita carceraria troviamo un interesse, più profondo e coraggioso, per la narrazione della condizione umana tout court, e di come queste due realtà spesso si sovrappongano. Dietro le sbarre o davanti che sia, in carcere ci siamo tutti, insomma. Ma se il detentore ha il coraggio di guardare il detenuto con occhi umani, ecco che lo spazio della cella diventa forse un po’ più libero, aperto a una convivialità eccezionale perché condivisa con tutti: la divisa smette di essere prevaricazione, la catena del detenuto cessa di giustificare la violenza, la linea di separazione tra i due si sfuoca.

PERFORMANCE IMPECCABILI
Toni Servillo e Silvio Orlando, rispettivi e straordinari interpreti dell’uomo di legge e del criminale, possono allora stare nella stessa stanza, conversare sulla propria vita privata, addirittura mangiare lo stesso cibo e, nonostante ciò – o forse proprio grazie a ciò -, rispettarsi nei propri compiti.
Per rappresentare questo spazio di umanità senza svirgolare in pietismi o cliché ci vuole una sceneggiatura raffinata, che è quella scritta per Ariaferma, insieme a Di Costanzo, da Bruno Oliviero e Valeria Santella: frasi brevi e dense di significato, accompagnate dagli sguardi eloquenti e misurati degli attori protagonisti, uno più bravo dell’altro persino nei ruoli più marginali. Nessuna sbavatura, nessun acuto fuori tono, solo contenuti di spessore, grande mestiere e capacità di mettersi al servizio delle necessità del cuore umano.

Voto: 9