Il giorno dopo lo splendido concerto di De Gregori e Venditti in Arena, alla vigilia della performance dei Negramaro non si è ancora spenta l’eco dei live di Amadeus con il tris di Suzuki anni 60, 70,80 e i live dei Power Hits. Se ascoltare cantautori o gruppi storici è un evento da gustare tra emozione e ammirazione, questi eventi live ripresi poi dalle televisioni hanno trasformato l’Arena in una maxi discoteca come conferma la testimonianza di un lettore riportata nei giorni scorsi dalla Cronaca di Verona. Un tema, quello delle scelte per i concerti extralirica molto delicato e che è finito al centro del contenzioso tra Fondazione Arena e Comune con il sindaco Tommasi che, con delibera di Giunta, ha revocato la concessione dell’anfiteatro alla società Arena extra per i concerti, quindi tra sei mesi la regìa dovrebbe passare al Comune. A meno che nel frattempo non venga cambiata la composizione del cda di Arena extra, ora presieduto dalla sovrintendente Cecilia Gasdia. Un tema appunto così spinoso e dalle mille implicazioni, non secondaria quella degli incassi che finiscono alla Fondazione Arena, tale da aprire un vero e proprio dibattito dopo la pagina della Cronaca di Verona. E interviene ora il presidente della commissione Cultura del Comune, Alberto Battaggia, (Lista Damiano Tommasi sindaco) da sempre sostenitore di una revisione della gestione dell’extralirica. “Gentile direttore, “Questione de schei”: la sua icastica risposta dell’altro giorno al lettore Giorgio Marconi sull’extralirica va secondo me completata con “par ci?”. Anche dando per scontato – e non lo è – che la pecunia sia il metro sacro di ogni giudizio, bisognerebbe chiarire bene chi ci guadagna e quanto, dall’extralirica areniana”. Battaggia, che su questi temi si è spesso confrontato con il sindaco Tommasi, spiega: “I beneficiari sono tre. I primi sono le agenzie organizzatrici degli eventi, per le quali il rock è, legittimamente, un business coi fiocchi. Il secondo è Fondazione Arena, alla quale affluiscono gli affitti delle gradinate; ed il Comune, che grazie ad essi non versa più alla Fondazione un suo contributo. Una partita di giro”.
“Sferaebbasta con Netrebko, perché?”. “Il comparto extralirica gestito così diventa concorrente della lirica. Va ripensato. E l’indotto?”
E il terzo beneficiario? “Il terzo è il mitologico “indotto”. Quest’ultimo viene dato per scontato, ma non si sa né a quanto ammonterebbe; né quali operatori commerciali se ne avvantaggerebbero. I gelatai? Le tabaccherie? Le pizzerie? Non ci sono dati, ricerche, numeri attendibili. Si va a naso. Esattamente -prosegue Battaggia – come accade per l’altrettanto mitologico indotto dell’opera: per Confcommercio, da anni, sono 500 milioni di euro. Peccato che l’unica ricerca esistente, dell’Università di Verona, risalga a 20 anni fa, che lo stimava sì 500 milioni, ma di lire!” E qui il presidente della commissione Cultura entra nel vivo del problema: “Di sicuro, però, conosciamo gli effetti devastanti dell’extralirica – questa extralirica: 30-50-60 eventi, con tutto quello che passa il convento – sull’identità musicale nazionale ed internazionale della città. Cosa c’entra Sfera Ebbasta con la Netrebko? O Arena Suzuki con Verdi? E’ ora che ci si interroghi sulla reale convenienza, per Verona, in termini economici , di immagine e di politiche turistico-culturali di un comparto che, gestito così, non è più complementare alla stagione operistica, ma concorrente”. E prosegue: “Vantiamo una tradizione, riconosciuta in tutto il mondo, costruita in un secolo grazie alla geniale intuizione di Giovanni Zenatello nel 1913, che va tutelata e valorizzata. L’opera, semmai, dovrebbe essere il traino di una Verona città della musica: un sistema coordinato, di rete, basato sulle complementarità esistenti tra le grandi istituzioni musicali cittadine – l’Accademia Filarmonica, il Conservatorio.. – e la fitta rete di Associazioni musicali di primo livello che operano in città. Una rete che richiami turismo culturale, internazionale, qualificato. E’ così lontana Salisburgo?” “Accanto, alcuni eccezionali eventi di livello assoluto distribuiti tra la popular music e lo sport – conclude Battaggia – non minerebbero l’identità musicale della città e richiamerebbero ulteriore, qualificata attenzione”.