Lo studio, portato avanti da un team internazionale di ricercatori tedeschi dell’Ospedale Universitario dell’Università di Goethe e britannici dell’Istituto di Bioscienze dell’Università del Kenti, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell’Istituto di Patologia della Scuola di Medicina di Hannover, del The German Center for Lung Research e di altri istituti tedeschi, è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Cells”.
La ricerca si è concentrata sulla famiglia degli enzimi inibitori di proteasi, che inibisce gli enzimi coinvolti nella replicazione della cellula virale. Il darunavir, ad esempio, appartiene a questa categoria, difatti è un farmaco utilizzato nella terapia dell’HIV. L’inibitore invece efficace nella lotta contro il Covid, prende il nome di aprotinina, un antifibrinolitico, derivato dal tessuto polmonare dei bovini, ed attualmente usato per ridurre il sanguinamento a seguito di interventi chirurgici e ridurre quindi l’uso di trasfusioni di sangue. Farmaco in effetti di vecchia conoscenza, venne infatti sospeso nel 2007, poichè all’epoca si pensava che aumentasse il rischio di complicanze e morte.
Successivamente venne utlizzato solo per scopi di ricerca, per poi essere riabilitato nel 2012 dall‘EMA (Agenzia Europea del Farmaco).
Attualmente viene utilizzato in alcuni paesi per il trattamento di alcune forme influenzali, sotto forma di aerosol.Gli studi sono stati effettuati utilizzando colture cellulari polmonari, contaminate da 4 campioni distinti di Coronavirus. Una volta che il virus entra in contatto con la cellula dell’uomo (l’ospite), questo si lega mediante la proteina S o Spike, rompendo la parete cellulare della cellula umana e riversando al suo interno il proprio materiale genetico, per poi iniziare a replicarsi. E’ qui che entra in azione l’aprotinina, che impedisce di fatto il riprodursi delle cellule malate.
Questo farmaco, come detto prima viene utilizzato in alcuni paesi, non in Italia, come terapia nei pazienti affetti da influenza sotto forma di aerosol. In Russia ad esempio è usato senza complicazioni. Un farmaco con questo meccanismo d’azione sarebbe da utilizzare nelle prime fasi del contagio, quando ancora il virus non è riuscito a replicarsi in grandi quantità. Gli studi prodeseguono, ma i dati ottenuti finora inducono all’ottimismo.