Il ragazzo “che giocava guardando le stelle” ne avrebbe fatta di strada. Sarebbe diventato una bandiera, un simbolo. Avrebbe pure diviso l’Italia, com’ è successo spesso ai numeri 10. Discusso, amato, esaltato, criticato. Il ragazzo diventerà un campione, ma ci sarà sempre un filo di malinconia nella sua storia. Campione del mondo ’82, certo, ma lui non c’era nella finale con la Germania. Come quando fissi un appuntamento con la storia e poi il destino ti gioca un cattivissimo scherzo.
Il “ragazzo che giocava guardando le stelle” non dimenticherà mai quella sua prima foto, un po’ sbiadita dagli anni. Era il 15 ottobre del ’72. Il ragazzo aveva diciott’anni. Diciott’anni e un maestro. Nils Liedholm l’aveva visto in un attimo. “Come si chiama?” aveva chiesto. “Antognoni”, gli avevano risposto. “Buono, joca bene Antognoni” aveva chiuso il Barone. Dal giorno dopo, Antognoni cominciò ad allenarsi con i grandi: Merlo e De Sisti, Clerici e Sormani, Scala e Orlandini, Galdiolo e Longoni. Liedholm se lo mangiava con gli occhi. Ha sempre intuito un attimo prima, il destino di un campione. Appassionato di calcio e di astri, scrutava il cielo, fiutava il vento. Ne guardò l’oroscopo. “Farà strada”, sentenziò. Il giorno dopo lo chiamò. “Antognoni, tu domenica jochi a Verona”. Il ragazzo dal ciuffo biondo arrossì. Rimase senza parole: “Io?” chiese un po’ incerto. “Tu” rispose ridendo Liedholm. “Manca De Sisti, tu diventerai più forte di lui”.
Ci volle niente a capire che Liedholm aveva visto giusto. Un paio di sventagliate delle sue, palle di 50 metri che atterravano giuste sui piedi del compagno. Lì, in mezzo al campo, come ci fosse sempre stato. Gol di Sormani, su punizione. Poi il guizzo di Clerici, un ex, Zigo firmò l’1-2, verso la fine. Prima e dopo, applausi per quel numero 8 in maglia bianca. “Jocatore vero”, pensò tra sé Liedholm, guardando l’orologio. E Luciano Falsiroli, prima firma de L’Arena dell’epoca, gli dedicò un commento che valeva una promozione. “Per stile e intelligenza – scrisse – ha ricordato a tutti Gianni Rivera”.
Quel giorno al Bentegodi, era nata una stella.
Raffaele Tomelleri