Non si diventa la prima italiana in assoluto a vincere la World Cup nel volteggio equestre, ricevendo anche la medaglia d’oro al valore atletico da parte del CONI, se alle spalle non c’è una carriera esemplare fatta di duro impegno e tenacia. Anna Cavallaro ne sa qualcosa, campionessa veronese di volteggio equestre: “È stata una cosa emozionante, prima italiana a vincere una Coppa del mondo ma soprattutto prima a confermare questa vittoria per tre volte, scrivendo un pezzo di storia. La prima, nel 2013 a Braunschweig, è stata un po’ inaspettata, l’anno dopo a Bordeaux eravamo carichi e pronti, mentre a Dortmund nel 2017 siamo andati per divertirci perché sapevamo che era una sfida difficile, ma è arrivata questa terza vittoria che ha coronato una stagione e una carriera da brividi”.
Già con le idee chiare fin da bambina, quando a soli 4 anni inizia a praticare ginnastica artistica. “Ho continuato fino agli 11, ma nell’ultimo anno mi sono avvicinata al volteggio per caso, passando con mio papà vicino a un maneggio. Mi è subito piaciuto e l’ho provato. Per un anno ho continuato entrambi, per poi dedicarmi esclusivamente al volteggio”.
In una disciplina come il volteggio equestre il cavallo è anch’esso un atleta, una figura fondamentale soprattutto nelle categorie agonistiche dove, a livello internazionale, sono previsti due giudici che valutano solamente il cavallo. “Durante gli anni”, – prosegue Anna – “ho lavorato con diversi cavalli. Sono partita con Adenauer, un cavallo storico che ha permesso alla squadra La Fenice di rientrare nelle finali mondiali dove l’Italia all’epoca non era mai arrivata. Poi ho cominciato a livello individuale con Harley, il mio cavallo del cuore. Dal 2016 sono passata a Monaco, con cui mi trovo ancora oggi, un ottimo esemplare con qualità simili ad Harley, in soli 4 mesi infatti è arrivato a livelli che non ci aspettavamo”.
Momenti belli e momenti brutti durante questi anni di gare, come nel 2018, con la rottura del crociato per la seconda volta a distanza di dieci anni: “E’ stata una battaglia molto dura, perché eravamo arrivati al Mondiale in America molto preparati. Nella terza manche ho completato il mio esercizio libero ed è capitato questo brutto infortunio. A darmi la carica per tornare in pista è stato il mio allenatore, Nelson Vidoni, che ha sempre creduto in me”.
Ben definito anche il futuro prossimo, una volta smesso con le competizioni: “Rimarrò comunque nel mondo del volteggio, è la mia vita, non posso lasciarlo. Continuerò ad occuparmi dell’Associazione sportiva equestre La Fenice, lavorando per la riabilitazione dei ragazzi disabili insieme a Nelson”.
Jacopo Segalotto