Hai voglia tu di dirgli “…però, un argento alle Olimpiadi, mica tutti l’han preso”.
Severino Andreoli, da Lugagnano, ti guarda, sospira, scuote la testa. Prende la maglia azzurra, quella che aveva addosso proprio là, a Tokyo ‘64, 57 anni fa e gli sembra ieri.
“Caro mio – ti dice – l’argento è bello ma soltanto l’oro ti consegna alla storia”. E poi, per chiarire meglio il concetto, si rifuai nel dialetto, che rende benissimo l’idea.
“Quando el Coni convoca i campioni olimpici, mi no ghe son miga. E pensar che semo arivè secondi de poco…”.
Tira fuori un giornale, entra in cronaca diretta.
“Eravamo i campioni del mondo in carica, nella 4 per 100 km. Io, Guerra, Dalla Bona, tre veronesi più Manza. Avevamo dominato ad Albertville, maglia iridata addosso. Ci presentiamo alle Olimpiadi, nettamente favoriti”.
E il quartetto va. In testa. L’oro sembra sicuro, “…eravamo davvero forti” sottolinea Andreoli. Poi, succede quello che non t’aspetti, perchè la 4 per 100 è una gara a squadre, dove devi andare forte tu e tutti gli altri essere all’altezza. Succede che a 6 km dall’arrivo, “…Piero si stacca”. Andreoli fa una smorfia. Piero è Guerra, il compagno di mille imprese, uno che a cronometro è sempre andato fortissimo. “Succede, purtroppo.Si stacca, non ce la fa. Forse i crampi, la stanchezza, chissà… Noi restiamo in tre e non è la stessa cosa. Diamo tutto quello che abbiamo, ci facciamo coraggio, peschiamo in fondo al barile delle energie, perchè una maglia di campione del mondo è bella, ma tutti pensiamo che l’oro olimpico duri per sempre”.
Sono 6 km di passione. Il responso è crudele. “Siamo secondi, medaglia d’argento”. C’è chi si complimenta. “Per me, ancora oggi, è il giorno più brutto della mia carriera” dice Andreoli. Una grande beffa, una delusione cocente. Quando ci penso, mi prende ancora la rabbia, perchè se è vero che l’importante è partecipare, io credo che nello sport, soprattutto alle Olimpiadi, sia importante vincere. La differenza tra un argento e un oro è enorme, non sono soltanto quei secondi, c’è molto di più”. Quando il Coni convoca, il suo nome non c’è. Sbuffa. Scuote la testa.
R.Tom.
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