“Cosa vuoi fare da grande?”, chiedevano gli adulti. “L’astronauta” rispondeva quel bambino. E loro lo guardavano sorridendo, e senza convinzione gli rispondevano: “Studia allora… dai che ce la farai”.
Chissà così direbbero oggi a quel bambino che oggi ha 64 anni e ha trascorso quasi un anno della sua vita nello spazio. 313 giorni, 2 ore e 36 minuti, per la precisione. Ecco il tempo totale delle tre missioni nello spazio realizzate da Paolo Nespoli. È lui il bambino che sognava di diventare astronauta. Quel bambino che, crescendo, ha saputo andare “oltre il limite”,. Oltre il limite di quella foresta che secondo la sua professoressa di filosofia era l’allegoria della vita: “La vita è un viaggio all’interno della foresta”. Dopo la scuola militare di paracadutismo e l’esperienza da incursore paracadutista in Libano, davanti a sé si prospetta una carriera nell’esercito. Paolo all’epoca ha più di 25 anni. A quel punto qualcuno gli ripropone la stessa domanda di qualche anno prima: “Sei bravo… ma cosa vuoi fare da grande?”. Si rende conto di essere già grande e di dover realmente decidere. “Per diventare astronauta bisognava rispettare tre requisiti: fisico normale, una laurea in materia tecnica e saper parlare inglese, e io possedevo solo il primo requisito… I limiti sono quelli che uno si impone da solo. Se uno non sa che c’è un limite va avanti e osa”.
Si iscrive ad ingegneria aerospaziale negli Stati Uniti. Ottiene a New York un Bachelor of Science in Aerospace Engineering nel 1988 e un Master of Science in Aeronautics and Astronautics nel 1989 presso il Politecnico della New York University”. Partecipa a tre selezioni prima di essere selezionato, nel 1998, come Astronauta dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea.
Torna, quindi, ad essere allievo, “la parola che mi seguiva da anni”, spiega. Seguono due anni di addestramento.
Per la prima missione dovrà attendere un bel po’. Il primo lancio? A 50 anni. Delle giornate trascorse nello spazio, Nespoli racconta curiosità, aneddoti, mostra fotogrammi: “Non vai nello spazio per divertirti, ma per lavorare.
Verso la fine dell’incontro, condivide un video realizzato dalla Nasa per mostrare “Quanto bello è questo pianeta visto da lassù”, sulle note della suggestiva di The Sound of Silence.
Prima di concludere l’intervento dona una riflessione che contiene tutta la saggezza di chi ha vissuto lassù e ha guardato il mondo da una prospettiva cui non siamo abituati: “in queste immagini non vediamo i confini a cui teniamo tanto, ma vediamo il muro dell’atmosfera”. E aggiunge: “se non ci fosse questo muro noi non esisteremmo… forse dovremmo fare attenzione anche a questo, oltre ai confini a cui di solito prestiamo attenzione. La Terra non è delicata per niente, può sopravvivere anche senza di noi”.
No si può dire lo stesso del contrario. In chiaro riferimento alla questione climatica, conclude “è necessario sedersi attorno ad un tavolo per trovare una soluzione”, in quello spirito di collaborazione, che la sua carriera di astronauta gli ha tanto insegnato.
Stefania Tessari