Umile, modesto, prudente. È come Alberto Zangrillo vuole apparire durante l’intervista. Soddisfatto del discorso di domenica sera del premier Giuseppe Conte. In sintonia di pensiero con lo scienziato Giuseppe Remuzzi.
Perché ci troviamo in questa situazione? «Io ho sempre sostenuto, anche se ciò non ha mai fatto clamore, che con il Covid dobbiamo imparare a convivere. Evidentemente non l’abbiamo fatto abbastanza». E ora sono guai. In una settimana i nuovi contagi a Milano sono passati da tremila a seimila, toccando punte di 1.500 al giorno. In generale in Italia ormai siamo a 10 mila casi quotidiani… «Siamo in tempo per un’azione tempestiva. Non è una catastrofe. Dobbiamo mantenere lucidità d’azione».
Zangrillo è nello studio del San Raffaele, dove guida l’Anestesia e la Rianimazione. Di casa qui ci sono Silvio Berlusconi e Flavio Briatore (entrambi risultati positivi), ma lui assicura che la quasi totalità dei suoi pazienti sono signori Mario Rossi. A parte un’uscita a Non è l’Arena di Massimo Giletti sono settimane che il prorettore dell’Università Vita Salute non rilascia interviste. Piuttosto è lui il bersaglio ( oltre che dell’imitazione di Crozza), anche di colleghi.
Almeno adesso, siete d’accordo sul fatto che la corsa del virus vada fermata.«Io, però, sono contrario al metodo della paura: ossia a spaventare i cittadini affinché reagiscano come voglio io». In troppi, però, soprattutto quest’estate più che spaventati sono parsi irresponsabili. «Io sono per dire la verità. A maggio il virus era in ritirata, oggi è tornato a mordere, probabilmente anche per comportamenti negligenti. Ma solo di pochi. La maggior parte della popolazione è coscienziosa, giovani compresi. Lo ripeto: con il virus dobbiamo imparare a convivere».
Morale: adesso che si fa?«Io mi auguro innanzitutto che nei più giovani scatti un meccanismo di protezione nei confronti di genitori e nonni. Dobbiamo proteggere loro, i fragili. Persone magari con il diabete o cardiopatie, normalmente sotto controllo, ma che se si infettano possono aggravarsi. Sono certo che con comportamenti corretti dal punto di vista qualitativo, riusciremo a risolvere anche i problemi quantitativi. E la maggior parte della popolazione lo sta capendo. Senza una presa di responsabilità dei singoli non ne possiamo uscire». A voi scienziati spetta il compito di mandare messaggi chiari e non contraddittori, però. «Ne sono consapevole. Ma senza ingenerare il panico». Chiedere rinunce è lecito?«Va bene. Le possiamo chiamare così. Servono a salvaguardare tutto ciò che deve rimanere attivo. Scuola e attività produttive soprattutto. Ma anche la possibilità di continuare a prendere in carico i malati no Covid». Cosa vede oggi dall’osservatorio del San Raffaele?«Per almeno il 30% dei pazienti che arrivano in Pronto soccorso basterebbe una responsabile assistenza domiciliare».
medici di base hanno gli strumenti per poterla fare?«È fondamentale la diagnosi tempestiva che solo i medici di famiglia possono mettere in atto. Il segreto è prendersi la responsabilità di inviare in ospedale solo chi ne ha bisogno. Oggi siamo in una fase decisiva. Ci vuole senso civico da parte di tutti. Altrimenti il problema diventa di proporzioni importanti», sottolineando comunque che le terapie intensive sono «ancora sotto controllo perché la risposta alle terapie è migliore rispetto allo scorso marzo e aprile. L’esito è più favorevole». Infine, un’osservazione: “La pandemia ci deve insegnare che serve investire di più sulla ricerca, sulle risorse umane. In questo senso, non abbiamo fatto abbastanza e certe problematiche nascono anche da queste carenze”.