L’edonismo come risposta
Proprio Manzoni descrive nella Milano secentesca scene molto simili a quelle viste dal vero e riproposte da tv e web ai giorni nostri. L’autore de I promessi sposi si meraviglia della «condotta della popolazione medesima, di quella, voglio dire, che, non tocca ancora dal contagio, aveva tanta ragion di temerlo». E che, invece, non si cura di prendere precauzioni, anzi. «Sulle piazze, nelle botteghe, nelle case, chi buttasse là una parola del pericolo, chi motivasse peste, veniva accolto con beffe incredule, con disprezzo iracondo».
La reazione umana: isteria di massa
«Ma era stato Tucidide ad aprire il capitolo della risposta antropica, cioè della reazione umana a questi fenomeni», compie un balzo indietro nel tempo Galassi. «Ad Atene le leggi umane e divine vengono sovvertite, ognuno fa quello che vuole e cerca di trarre il proprio godimento sul momento». Scrive, infatti, Tucidide: «Pertanto ritenevano giusto procurarsi rapidamente anche le soddisfazioni riguardanti il piacere, giudicando effimere sia la vita che le ricchezze».
E quasi 1.800 anni dopo Boccaccio nel Decameron. «Altri (…) affermavano, il bere assai ed il godere e l’andar cantando attorno e sollazzando ed il soddisfare d’ogni cosa all’appetito, che si potesse, e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi esser medicina certissima a tanto male». Nella Firenze trecentesca ci sono anche i precursori di coloro che oggi girano con le mascherine. «Senza rinchiudersi andavano attorno, portando nelle mani chi fiori, chi erbe odorifere e chi diverse maniere di spezierie, quelle al naso ponendosi spesso, estimando essere ottima cosa».
Coronavirus ed epidemie del passato: il cambiamento della società
Epidemie e pandemie non hanno, però, solo riflessi sulla salute e sui comportamenti dei singoli individui. Ma si possono considerare vere rivoluzioni. «Sono acceleratori della storia», così le definisce il professore della Flinders University. «Il mondo cambia dopo di esse. L’epopea di Atene, per esempio, finì dopo la peste con la morte di Pericle e la salita al potere di Alcibiade. Determinò in ultima analisi la sconfitta in Sicilia a opera dei siracusani e degli spartani e la perdita del dominio dei mari».
Lo stesso momento attuale, in cui le Borse sono andate a picco, «ci riporta alla peste antonina nel 165 d.C. Vaiolo, morbillo o vera peste, non ci sono certezze, che mise in crisi l’impero romano causandone il crollo dell’economia. Per mancanza di soldati e manodopera nelle campagne Roma aprirà i propri confini ai popoli barbari. Li sfrutterà per un secolo fino a quando non si ribelleranno e prenderanno il potere».
«Secondo alcuni storici dell’economia», conclude Galassi, «anche la peste nera del ’300 potrebbe aver contribuito a erodere il sistema feudale. Per la moria di contadini nelle campagne la manodopera scarseggiava e i signori avevano, infatti, dovuto competere l’un l’altro per assoldare i pochi lavoratori rimasti».