La cessione è ufficiale: l’Atalanta Bergamasca calcio, di proprietà della famiglia Percassi, è Americana. La sottoscrizione dell’accordo è stata firmata dal “businessman” Stephen Pagliuca, già comproprietario della squadra di basket americana Boston Celtics.
Altra informazione secondaria ma di un certo rilievo: Giovanni Sartori, ex direttore generale del Chievo Verona, è da lungo tempo il responsabile dell’area tecnica della Atalanta.
Si parla di 350milioni di euro pari all’80% della società che la famiglia Percassi riceverà come contropartita per la cessione del pacchetto di maggioranza.
Attualmente sono già 8 le squadre del campionato italiano di serie A che sono divenute negli ultimi anni proprietà di fondi stranieri in Italia: Como, Lecce, Parma, Pisa e Spal in B; Campobasso, Cesena, Padova, Pistoiese e Triestina in C.
Si tratta di un trend che probabilmente tenderà ad estendersi su tutto il nostro calcio in evidente difficoltà finanziaria e manageriale.
Senza un processo evolutivo che porti all’azionariato popolare e a nuove formule partecipative – così come suggerito anche dal prof. Carlo Cottarelli – la proprietà di quasi tutte le nostre squadre di calcio passerà in mani straniere.
Da un punto di vista di una prospettiva di mercato e di economia liberale, questo corso non dovrebbe essere valutato in modo negativo. Tuttavia, quando si parla di squadre di calcio, e non di aziende “normali”, allora un problema sussiste.
Chi tifa una squadra di calcio è legato affettivamente a quei colori, a quel logo ed anche a quei calciatori del passato che lo hanno fatto sognare da bambino. Rimarrà questo stesso coinvolgimento emotivo anche se le proprietà passeranno di mano con l’obiettivo predominante di “fare business”?
Ho i miei dubbi: con molta probabilità se le squadre acquistate non conseguiranno risultati sportivi importanti, tali da soddisfare le aspettative dei loro tifosi, con ogni probabilità ci sarà anche una certa disaffezione di una parte piuttosto consistente del pubblico.
Questo sta già accadendo sul fronte televisivo: il passaggio da SKY a DAZN ha fatto perdere un’importante fetta di telespettatori (intorno al 20/30%).
Ritengo che l’unica strada percorribile per tornare ad avere uno stretto legame tra il tifoso e la squadra può essere rappresentata dall’azionariato popolare del modello Bayern Monaco che in estrema sintesi richiede una dirigenza seria e professionale da parte di un management estremamente competente e con il coinvolgimento anche di alcuni ex giocatori molto significativi per la squadra stessa. Questo modello ha consentito l’apertura di una consistente parte del capitale sociale anche a tanti tifosi trasformatisi in soci che hanno deciso di supportare il club proprio attraverso l’acquisto di piccole quote azionarie.
Certo un’operazione di questo topo richiede una trasparenza gestionale che, purtroppo, manca spesso in molte società di calcio italiane. Sarebbe quindi necessario un importante salto di qualità per il benefit delle società calcistiche viste anche come componenti importanti per la collettività e lo sport come servizio alla società e non solo inteso come business per business.