La foto sul biglietto da visita ritrae la nonna e la bisnonna. “Questo posto l’hanno portato avanti soprattutto le vedove, ma non scriverlo”. Ci racconta sorridendo Damiano Pellicari, da oltre 25 anni felicemente sposato con Silvia Gioco, chef del ristorante Arche. Lui in sala e lei in cucina, con la gentilezza e l’eleganza che li contraddistingue, tra una boiserie dell’800, un pavimento a gettata veneziana e una posizione davvero invidiabile. “Sia lodato il mio trisavolo, Giuseppe Gioco, che ci vide lunghissimo acquistando questo posto”. Perché è dal 1877 che la loro famiglia ne porta avanti la storia, da ben cinque generazioni: che Silvia ci mostra con orgoglio, staccando tutti i cimeli appesi alle pareti. Immersi in tradizioni da rispettare e tanta innovazione, legata soprattutto a portate di pesce, che rimandano agli insegnamenti di papà: per oltre 15 anni cuoco stellato “Michelin”.
Silvia, ti manca la “stella”?
Quella è una scelta, ricercare la stella vorrebbe dire altri prodotti più costosi, più personale e un ricambio di clientela: e a me sinceramente la cucina che sto facendo piace molto, sono contenta così.
Anche perché di personaggi famosi, mi raccontavi ne son passati lo stesso.
Sì, abbiamo avuto ospite anche Abramovich. Con una guardia all’ingresso e una in cucina che controllava, assaggiando, che non lo avvelenassi. Pensa te…
Gli insegnamenti di papà, cosa dicono?
Di mettercela tutta, scegliere le materie prime giuste e di stare con la penna in mano, per far bene i conti.
E le tue materie prime quali sono?
Tengo separata la tradizione dal piatto raffinato, fatto di prodotti freschissimi come l’aragosta, l’astice o lo scampo, in cui senti il mare in bocca. E ogni tre mesi m’invento qualcosa di nuovo.
Tipo?
Da una parte le ricette di casa come la pastissada, le sarde in saor, risotto all’Amarone o la pasta e fagioli. E dall’altra le innovazioni: le tagliatelle fatte a mano all’Amarone con polpo, le ostriche gratinate con salsa bernese, i 25cm di crudità, il plateau di crostacei, o tranci di pesce affumicati da me.
Chissà poi quanti aneddoti da raccontare…
Il più bello sicuramente quando in una giornata particolarmente affollata, un signore che ci eravamo dimenticati di servire, ci chiamò al telefono, da quel tavolo là in fondo. (ride)
La ricetta del giorno: ecco le sarde in saor all’antica
Dicci tutto, Silvia.
Partiamo dalle sarde freschissime che arrivano da Venezia, misura media: tolgo la testa e le interiora, le infarino un po’, le friggo in olio d’oliva abbondante e le lascio asciugare.
E la cipolla?
Cipolla tagliata finemente, sfumata col vino, un po’ d’aceto e lasciata appassire. Poi si cominciano a fare gli strati: sarde, cipolle, pinoli, uvetta di Corinto e cedro candito, servite con polentina morbida.
Vino da abbinarci?
Un vino dolce, un passito di Pantelleria o un pineau des Charentes.
Prezzi?
Coperto 2,5, antipasti 14/22, primi 16/20, secondi 15/35, dolci 5/7.
Fabio Ridolfi