“O ministro”, com’era chiamato ai tempi della Prima Repubblica, è calato su Verona proprio nel giorno in cui la ministra Federica Guidi ha fatto in fretta e furia le valigie dal Governo, travolta da un’intercettazione “inopportuna” fatta al suo compagno Gianluca Gemelli interessato agli affari sorti attorno alle trivellazioni per il petrolio della Basilicata. Così Paolo Cirino Pomicino, 77 anni in settembre, con il suo libro “La repubblica della giovani marmotte”, prefazione di Giuliano Ferrara, è andato a nozze. “La Guidi”, ha detto il democristiano di lungo corso, come l’ex ministro napoletano, “ ha fatto una telefonata inopportuna e ne ha pagato le conseguenze, ma è tutto il consiglio dei ministri ad essere un po’ spaesato e sprovveduto, a muoversi con grande sciatteria legislativa, ecco perchè li ho definiti Giovani marmotte, con un riferimento esplicito a Qui-Quo-Qua e a Paperino, personaggi simpatici, ma ai quali nessuno affiderebbe il governo di una nazione”. A moderare l’incontro alla Libreria Feltrinelli, ci ha pensato un altro giornalista-politico come Alfredo Meocci. Dopo l’introduzione di Luigi Bisignani, “il manager del potere nascosto”, ritenuto a torto o a ragione, uno degli uomini più potenti d’Italia, il vecchio democristiano, che ha superato anche tutti i suoi problemi cardiaci con un trapianto di cuore, ha parlato anche del suo tempo segnato nel finale dall’esperienza di “Mani pulite”, quando il “pool di Milano” e a Verona Guido Papalia, spazzarono via un’intera classe politica. “Ma c’è una differenza”, ha sottolineato Cirino Pomicino, “ allora si finanziavano prevalentemente i partiti, oggi si finanziano prevalentemente i patrimoni personali”. E la grande finanza? “Ha relegato la produzione”, ha concluso”, a ruolo secondario”.