Pubblicato sulla rivista Oncotarget lo studio condotto dall’università di Verona che ha portato alla scoperta di nuovi geni coinvolti nella progressione del melanoma. La ricerca potrà aprire nuovi orizzonti a una terapia finalizzata a migliorare la prognosi nel melanoma. Il gruppo tutto veronese che ha fatto la scoperta è quello diretto da Maria Teresa Valenti, biologa del dipartimento di Medicina in collaborazione con Daniela Cecconi del dipartimento di Biotecnologie, Luca Dalle Carbonare del dipartimento di Medicina, Monica Mottes e Giovanni Malerba docenti del dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento e con altri collaboratori dell’università di Verona. Attraverso un approccio integrato finalizzato allo studio delle proteine e dei geni, i ricercatori hanno individuato alcune molecole la cui alterazione contribuisce alla trasformazione tumorale che porta al melanoma. In particolare i geni NMP1, PTGS3, PARK7, identificati dai ricercatori come responsabili della neoplasia, aumentano la capacità di migrazione cellulare e di invadere i tessuti mentre la proteina SSBP1, che ha un ruolo protettivo per il gene Tp53, oncosoppressore del melanoma, risulta essere meno espressa nelle cellule tumorali. “Secondo gli ultimi dati di Epicentro – spiega Valenti – a livello mondiale, si stima che nell’ultimo decennio il melanoma cutaneo abbia raggiunto i 100 mila nuovi casi l’anno: un aumento di circa il 15% rispetto al decennio precedente. Una corretta diagnosi delle lesioni cutanee e un intervento chirurgico rappresentano un ottimo approccio terapeutico ma, se non si agisce tempestivamente, le cellule tumorali sfuggono ai sistemi di controllo, invadono i tessuti, penetrano i vasi sanguigni colonizzando atri distretti del corpo. Il carattere innovativo del nostro studio sta proprio nell’utilizzo di un approccio multidisciplinare che ci ha permesso di indagare mediante tecniche di biologia molecolare, cellulare, di proteomica, genetica e bioinformatica, i processi legati alla trasformazione neoplastica e ci consentirà di proseguire”. Il nostro studio – aggiungono i ricercatori dell’Università di Verona – sta proseguendo con esperimenti su zebrafish, nuovo modello animale utilizzato anche in ambito oncologico.