Dopo il grande successo di Mine vaganti che ha segnato il felice debutto di Ferzan Özpetek nella regia teatrale, il Grande Teatro, rassegna organizzata dal Comune di Verona in collaborazione col Teatro Stabile di Verona, prosegue con uno spettacolo che celebra il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Al Nuovo da martedì 22 novembre alle ore 20.45 in scena Pà, la drammaturgia di Marco Tullio Giordana e di Luigi Lo Cascio, su testi di Pier Paolo Pasolini. Regia di Giordana e con protagonista lo stesso Lo Cascio. Repliche fino a sabato 26 sempre alle 20.45. L’ultimo spettacolo di domenica 27 è invece alle 16. Giovedì 24, alle ore 18, Luigi Lo Cascio incontrerà il pubblico nel Piccolo Teatro di Giulietta. L’incontro, a ingresso libero, sarà condotto da Piermario Vescovo, direttore artistico dello Stabile di Verona. “Saremo in molti a chiederci, anche dopo il centenario – dice Marco Tullio Giordana – quanto attuale rimarrà Pasolini, cosa di lui sarà ancora vivo e cosa ingiallito, cosa ancora portabile e cosa riporre nell’armadio in attesa di tornare in auge come modernariato. Non so dare a questa domanda una risposta se non con questo spettacolo ordito insieme a Luigi Lo Cascio, da tanti anni prediletto compagno di ventura. Si tratta di una cernita nell’opus pasoliniano immenso che non ha certo l’ambizione di dire tutto né fornire il quadro nemmeno abbozzato, ma di scegliere cosa abbiamo scoperto per noi di indispensabile, al punto da riassumerlo nel vocativo con cui lo chiamavano i ragazzi: a Pa’, per invitarlo a tirare due calci di pallone o chiedergli la comparsata in un film. Io sono stato uno di quei ragazzi, un contemporaneo, uno che avrebbe potuto averlo a portata di mano se non l’avesse considerato un maestro irraggiungibile. Insieme a lui ce n’erano altri – solo in Italia vengono in mente Sciascia, Calvino, Bobbio, Moravia, Eco e tante altre leggendarie figure – ma Pasolini era di gran lunga il preferito. Non tanto – prosegue Giordana – per l’assidua vigilanza sui temi del giorno, quanto per la passione e l’imprevedibilità nel trattarli. Senza contare il Cinema, senza contare la Poesia, dove ritrovavo le stesse provocazioni, gli stessi stimoli, ma come se tutto fosse stato risolto in una Forma e apparisse perciò meno doloroso, meno disperato di quanto trapelava negli articoli o nella prosa militante. Quanta rabbia in lui a scrivere, quanta in noi a leggerlo, strana la sensazione di intimità e irritazione, come davanti a un fratello maggiore infinitamente dotato, amatissimo e indisponente. Dopo il suo assassinio non mi sono mai chiesto cosa restasse di lui, mentre me lo chiedevo sempre per i suoi detrattori. La perdita di una formidabile e autorevolissima figura pubblica era sotto i nostri occhi, pazienza per quelli che non l’hanno capito al volo. Per molti fu necessario aspettare l’avverarsi delle “profezie”, il giungere puntuale di ciò che aveva visto da lontano. Ma Pasolini non voleva essere profeta: il suo era un grido di battaglia che bisognava raccogliere per fronteggiare il declino anziché trattarlo come un visionario jettatore’’. Pa’ è prodotto dal TSV – Teatro Nazionale e si avvale delle scene e del disegno luci di Giovanni Carluccio, dei costumi di Francesca Livia Sartori e delle musiche di Andrea Rocca.