Si fa presto a pretendere regole ferree di distanziamento sociale, le spiagge con gli steward, le sdraio e gli ombrelloni a due-tre-quattro metri di distanza, gli ingressi scaglionati, avventori dei bar ligi alle disposizioni, disciplina e buone norme sempre, ovunque e comunque. In teoria è tutto giusto, il ritornello lo conosciamo ormai a memoria e francamente ha un po’ stufato: il virus non sparirà, dovremo abituarci a un nuovo modo di relazionarci con gli altri, il mondo non sarà più lo stesso, eccetera eccetera. D’accordo, lo abbiamo capito. Al momento tutti discettano, in tivù e sui giornali – politici, virologi, nani e ballerine – ma nessuno ci ha dato ancora soluzioni.
All’avvio ufficiale della “fase 2”, che di fatto segnerà l’inizio del periodo estivo, mancano appena una decina di giorni e, un esempio su tutti, i sindaci del Garda non sanno ancora nulla su come dovranno attrezzare le spiagge né sulla forza lavoro di cui dovranno inevitabilmente disporre per far sì che tutti rispettino le norme. Saranno i municipi lacustri, già in grande difficoltà dopo la serrata di Pasqua e probabilmente in ginocchio nei prossimi mesi per le disdette estive, a dover sganciare i soldi, oppure riceveranno aiuti dal governo? E se sì, in quale percentuale? C’è poi un dettaglio di non poco conto da tenere in considerazione. Ammettiamo che le spiagge private riescano in qualche modo ad attrezzarsi e ad adeguarsi alle regole che verranno comunicate last-minute, sperando peraltro che siano di facile comprensione e non cambino ogni due settimane: per le spiagge pubbliche come la mettiamo? Difficile, probabilmente anche illegale recintarle e trattarle alla stregua di proprietà private. Il rischio è che la gente non ci capisca più nulla e che anche quei pochi che riusciranno a capirci qualcosa vadano nel pallone. Va poi sottolineato che molte spiagge del Garda differiscono tra loro per conformazione: il lago è più difficile da gestire rispetto al mare, dove le distese di sabbia, con le relative infrastrutture, si somigliano quasi tutte. La stragrande maggioranza delle persone durante la quarantena si stanno dimostrando reponsabili. E però è inevitabile che, complice la voglia di tuffi, il caldo, il ritorno alla libertà seppur vigilata più di qualche indisciplinato ci sarà, e allora addio alla distanza di “droplet”. Sono i sindaci ad aver la responsabilità delle spiagge. Sono loro a rispondere della sicurezza dei propri comuni. E sono sempre loro, assieme agli operatori del settore, a dover ricevere risposte precise e tempestive. E una delle domande principali è: chi pagherà il conto?
A.G.