Dopo il Pua “San Rocchetto”, il Comune di Verona soccombe ancora una volta al Tar contro le società di Leardini. Il tribunale amministrativo ha infatti dato ragione ai privati ricorrenti anche sul Pua “Ai Tigli” di Montorio. “Sia da parte della precedente amministrazione Tosi che dell’attuale amministrazione Sboarina”, dice Michele Bertucco consigliere comunale di Verona e Sinistra in Comune, “conferma quindi l’incapacità di difendere le ragioni del Comune di Verona e del suo territorio. A Montorio in particolare – aggiunge – la situazione ha dell’incredibile: Leardini era stato inizialmente autorizzato ad edificare case per 37.500 metri quadrati con altezze di tre piani. Parliamo di circa 120 appartamenti su una superficie lorda di 15 mila metri quadri. In cambio – continua – aveva promesso di tutto e di più: il contributo di sostenibilità consisteva infatti nella cessione di metà del terreno e nella realizzazione di una palestra con campo da pallavolo e pallacanestro, spazi interni per sedi di associazioni del territorio, due palestre attrezzate sia per attività sportive giovanili che per gli anziani, persino fontane con giochi d’acqua…Peccato che, facendo meglio i conti – il che accadde soltanto dopo la condanna per corruzione dell’ex vicesindaco Giacino accusato dallo stesso Alessandro Leardini (assolto in corte d’appello) – ci si accorse che la quantificazione del contributo di sostenibilità, ammontante ad appena 1,5 milioni di euro, sarebbe stata del tutto insufficiente. Per realizzare tutto quanto promesso occorrevano infatti almeno 5 milioni di euro. Di qui il ritiro della scheda norma. Anche in questo caso i ricorrenti si sono appoggiati allo sciagurato emendamento dei Cinque Stelle alla Variante 22 (a suo tempo accolto dalla giunta Tosi-Caleffi) grazie al quale era stata prorogata per altri 5 anni la validità di un centinaio di schede norma, tra cui il Pua Ai Tigli, formalmente decadute il 27 marzo 2017”. ora è necessario – conclude Bertucco – valutare bene le motivazioni del Tar e organizzare al meglio l’appello al Consiglio di Stato in difesa sia di Quinzano che di Montorio”.