Alle pendici delle Torricelle, in un’oasi di verde e silenzio, ha sede una realtà che ha “occhi e cuore che guardano lontano… per poterci conoscere e riconoscere membri della stessa umanità”. Fondazione Nigrizia Onlus, sospinta dal pensiero di San Daniele Comboni, valorizza e trasmette tutta la ricchezza delle culture, tradizioni e religioni diverse sperimentate dai missionari comboniani nei diversi paesi in cui sono venuti “a contatto con popolazioni che ci hanno certamente arricchiti come persone e come missionari”. Dal punto di vista operativo, questo nobile proposito viene perseguito, oltre che attraverso le missioni, anche con una nutrita produzione editoriale di riviste – Nigrizia, Il Piccolo Missionario, il Mondiario – con la biblioteca specializzata sull’Africa e il Museo Africano, realtà a cui dedicheremo la prossima puntata. A raccontarci Fondazione Nigrizia Onlus è P. Pietro Ciuciulla, Missionario Comboniano, e amministratore della fondazione.
Come è nata la vostra realtà?
Il 9 febbraio del 2010, il Collegio delle Missioni Africane (Missionari Comboniani) dà vita alla Fondazione Nigrizia Onlus. In Italia, Verona è il luogo dove sono nati i Missionari Comboniani. Il nostro Fondatore, San Daniele Comboni, sognava di poter annunciare il Vangelo a chi ancora non lo conosce e particolarmente in Africa Centrale. “Salvare l’Africa con l’Africa” diviene presto il suo motto che mirava a valorizzare i popoli verso cui lui stesso si è recato e che poi nella nostra storia si sono allargati a popolazioni abitanti in diversi paesi dei 4 continenti.
Qual è la mission dell’associazione?
Nello statuto della Fondazione si legge che le finalità perseguite sono esclusivamente di solidarietà sociale operando nel settore della beneficenza e della tutela dei diritti civili. Attraverso la preparazione, diffusione e divulgazione delle nostre riviste: Nigrizia e Il Piccolo Missionario, il Mondiario, attraverso il Museo Africano e la biblioteca specializzata sull’Africa, la Fondazione mira a far conoscere tutto il buono e il bello che c’è presso le altre culture e tradizioni, favorendo così la conoscenza reciproca per poterci conoscere e riconoscere membri della stessa umanità che a qualunque latitudine viva ha sempre gli stessi aneliti di pace, amore, giustizia, e le stesse aspirazioni ad una vita serena in comunione con tutto il creato.
Su quale territorio operate?
La nostra sede è a Verona, ma i nostri occhi e il nostro cuore guardano lontano. Lavoriamo sul territorio per restituire tutto quanto abbiamo ricevuto nella nostra storia di missionari comboniani dal 1861, anno della fondazione del nostro Istituto religioso, ad oggi. In collaborazione con altri enti, pubblici e privati, con altri movimenti e associazioni, cerchiamo di contribuire alla costruzione di una società più giusta e solidale, una società che non lasci indietro nessuno e che accolga tutti, soprattutto coloro che sono più nel bisogno.Attraverso le nostre riviste, il museo africano e la biblioteca condividiamo storie e approfondiamo riflessioni, e facciamo conoscere culture e tradizioni anche tramite i nostri laboratori rivolti a scuole di ogni ordine e grado.
Un progetto per i bambini di strada
Di cosa si occupano i vostri missionari in giro per il mondo?
Con i nostri missionari nel mondo, lavoriamo anche nei paesi più lontani con un’attenzione particolare allo sviluppo integrale dell’essere umano che prenda in considerazione il lato spirituale così come la qualità di vita. Grazie ai nostri amici, parenti e benefattori, possiamo contribuire a dei progetti che aiutino le persone sul posto ad avere la possibilità di migliorare la propria vita.
Avete in cantiere progetti di cui vorreste parlare in particolare?
Vorrei parlare di 2 progetti in particolare. Uno nella dimensione della conoscenza di culture e tradizioni diverse dalla nostra e l’altra di progetti che mirano a migliorare la qualità della vita dei più poveri.La prima è la mostra “Nel cuore del Congo”, mostra di maschere africane che è stata allestita al museo africano da aprile a novembre 2023 e che adesso sta girando diverse altre città italiane. La mostra è attualmente visitabile a Padova, poi andrà a Varese e Firenze. Si tratta di una mostra che vuole far conoscere la ricchezza spirituale di alcuni popoli della Repubblica Democratica del Congo attraverso le maschere che ti permettono di entrare in una realtà invisibile che è il mondo della spiritualità e della concezione dell’essere umano come creatura “spirituale”. La maschera come portale… per dirla con parole di oggi.
E l’altro progetto?
L’altro è un progetto di raccolta fondi per una associazione che si occupa di bambini di strada a Quito in Ecuador e dare così possibilità a questi bambini di costruirsi un futuro. Tra l’altro l’Ecuador, un paese che è balzato agli onori della cronaca per l’escalation di violenza di cui stiamo sentendo parlare ultimamente.
Mi racconta una “storia virtuosa” sorta grazie al contributo della vostra realtà?
Di storie virtuose ne abbiamo moltissime, soprattutto nei territori di missione dove cerchiamo di rendere le persone protagonisti della loro stessa vita aiutandoli a diventare persone autosufficienti e indipendenti, facendo attenzione a non creare “dipendenza dagli aiuti”. Per esempio, in alcune missioni abbiamo aiutato a creare delle casse di risparmio e di credito con il doppio obiettivo di aiutare le persone a risparmiare e ad alimentare il microcredito. Accadeva che la gente, tenendo i pochi soldi nelle loro case, correvano il rischio che fossero rosicchiati dai topi o dalle termiti, e soprattutto non venivano messi in circolazione per aiutare a risolvere i problemi di forte povertà. Mettendo tutte le piccole somme insieme, tenendole al riparo da possibili perdite irrimediabili, si facevano dei micro crediti per aiutare le persone a sviluppare la loro agricoltura ad altre iniziative che permettessero di guadagnare da vivere.
Di che tipo di supporto avete maggiore bisogno?
Certamente abbiamo bisogno di creare una rete che ci permetta di far passare sempre più il nostro messaggio. Abbiamo bisogno che le nostre riviste siano maggiormente lette, il nostro museo africano più visitato e la biblioteca più frequentata. Creare spazi di dialogo dove possiamo imparare a conoscere l’altro che vive lontano da noi, ma che in realtà è già nostro vicino. Una trasmissione di una radio internazionale porta il titolo di “7 miliardi di vicini” nessun titolo è stato mai più azzeccato. Siamo ormai tutti vicini di casa. Guardare lontano ci aiuta ad agire localmente e a costruire una società inclusiva dove ci riconosciamo e ci accogliamo a vicenda.
Cosa vi augurate dal futuro per la vostra realtà?
Ci auguriamo che sempre più la nostra esperienza missionaria non sia a senso unico, andare in paesi lontani, annunciare il Vangelo e fare promozione umana, noi che aiutiamo loro. Al contrario che diventi una strada a doppio senso dove ciascuno dona all’altro le proprie ricchezze, non solo materiali, ma anche culturali e di saggezza.
Stefania Tessari
puntata numero 28