La figura di Niccolò Machiavelli sembra costituire un elemento diffuso e determinato nella cultura, anche in quella popolare: basti pensare all’aggettivo machiavellico, che ha un significato negativo e indica un individuo o un atteggiamento subdolo, calcolatore, cinico, spesso associato al celebre motto “il fine giustifica i mezzi”.
Quanto di questo, però, si trova davvero in Machiavelli, e quanto sono conosciuti davvero la sua personalità e il suo pensiero? Considerato talvolta, non senza qualche difficoltà, il fondatore della moderna scienza della politica, Machiavelli non è il personaggio oscuro che una certa tradizione pure descrive. Esiste ed è esistita la leggenda che dipinge Machiavelli come un machiavellico, ma, per quanto possa sembrare paradossale, così non è.
Al di là del fatto che Machiavelli non ha mai pronunciato né scritto la celebre frase per la quale è comunemente noto, egli non fu né un cinico né un calcolatore. Fu sempre, invece, un uomo dello Stato termine applicato al contesto fiorentino dei secoli XV e XVI: Firenze era allora una città autonoma, all’interno della quale gli equilibri di potere, formalmente regolati dalle istituzioni comunali, consistevano in realtà nel rapporto di potenza relativa delle famiglie più ricche e influenti.
Durante il Quattrocento, i Medici ottennero il primato instaurando, con Cosimo il Vecchio, una signoria de facto che crollò nel 1494, quando i cittadini cacciarono Piero II, figlio di Lorenzo il Magnifico. Sino al 1512, anno del ritorno dei Medici a Firenze, la città conobbe una fase repubblicana, scandita nella repubblica savonaroliana e nella repubblica retta dal gonfaloniere Pier Soderini. In questa seconda fase, Machiavelli assunse il ruolo di segretario della Seconda cancelleria, ma è dopo la caduta della repubblica che matura compiutamente la profondità della sua riflessione politica e filosofica.
Questo perché Machiavelli è, in fondo, uno sconfitto, fortemente colpito dalla perdita del proprio ruolo all’interno di un regime a sfondo popolare, che cerca costantemente di recuperare, anche ponendosi al servizio della famiglia contro gli interessi della quale aveva operato. Il suo pensiero è tutto inserito nel contesto politico fiorentino, e riflette sulle condizioni di nascita, conservazione e inevitabile decadenza delle repubbliche. La prospettiva negativa di Machiavelli sul reale costruisce un mondo privo di Provvidenza, contrario al cristianesimo, ove l’uomo altro non può essere che ciò che è, e dove il ciclo vicissitudinale dello scorrere della natura coinvolge tutto, comprese, appunto, le città.
La sfida non è, dunque, edificare una repubblica eterna, ma conservarla al meglio, e questo è, al fondo, anche lo scopo del Principe, considerato spesso, sommariamente, un breviario per il sovrano cinico e spietato.
Effeemme