Sono sempre più frequenti i fatti di cronaca che hanno per protagonisti giovani incapaci di controllarsi di fronte ai familiari. Adolescenti interpreti di agiti violenti, con esiti talvolta drammatici, determinati da molteplici variabili combinate. Innanzitutto di contesto: i ragazzi di oggi, stanno vivendo la loro giovinezza (già di per sé fase critica di sviluppo) immersi in scenari di crisi economico-sociale e di conflitti, a un passo da casa. Risultano incerti, fragili, disorientati e hanno un estremo bisogno di trovare ascolto e riferimento; se questo non avviene (per tutta una serie di motivi che rendono il modello adulto talvolta poco presente e produttivo) si trovano soli con i loro pensieri che il alcuni casi possono divenire demoni.
A quel punto è possibile che i più vulnerabili (con una predisposizione all’affettività negativa e alcuni tratti temperamentali) comunichino bisogni ed emozioni, così come i conflitti più profondi, tramite l’azione. L’acting-out infatti è uno dei meccanismi di difesa più utilizzati dai soggetti con disturbi esternalizzanti a testimonianza di un fallimento nel processo di mentalizzazione. L’aggressività contro i genitori è stata attribuita inoltre a fattori di natura sistemica come le modalità comunicative disfunzionali in famiglia, l’aver assistito a episodi di violenza e un’inadeguata canalizzazione di emozioni negative come la rabbia. Problemi nella sfera affettiva e una disregolazione emozionale possono portare a una bassa tolleranza allo stress con conseguenti reazioni disfunzionali in caso di conflitto.
Alcuni studiosi hanno dimostrato che i comportamenti violenti degli adolescenti contro i propri genitori sono più diffusi tra coloro che sono affetti da Disturbi della condotta e Disturbi di personalità. La presenza di tratti della “triade oscura” composta da narcisismo, machiavellismo e psicopatia, in adolescenza risulta un indicatore di un aumento dei livelli di aggressività. Caratteristici sono quindi l’egocentrismo, la manipolazione, la mancanza di empatia, di affettività e pianificazione strategica (gli adolescenti non sono in grado, quanto gli adulti, di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e di calcolarne i rischi), nonché assenza di autocontrollo, ricerca di sensazioni estreme… Lo sviluppo del comportamento violento affonda quindi le radici in più terreni che comprendono la società, le dinamiche familiari disfunzionali, sistemi di attaccamento inadeguati, fattori personologici disturbanti, una disregolazione delle emozioni, una vulnerabilità biologica…
La violenza che i ragazzi arrivano a esprimere è spesso una risposta alla loro incapacità di affrontare le sfide o i problemi. Incoraggiare ragazzi e genitori a chiedere aiuto a professionisti della salute mentale può rinforzare le azioni preventive e impedire l’esacerbazione della conflittualità intra-familiare che può altrimenti degenerare. Tra gli interventi terapeutici più efficaci vi sono quello di matrice sistemico-familiare e il colloquio motivazionale.
Lo scopo del primo approccio è di incoraggiare il sistema famiglia ad adottare modalità interattive pro-sociali basate sull’ascolto reciproco e sull’espressività emozionale, sull’accettazione e la comprensione dei rispettivi punti di vista. Il secondo, ha come scopo quello di promuovere nell’ adolescente uno stile di vita più consapevole.
Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta