Adeguamento liturgico delle chiese

Con l’articolo precedente abbiamo voluto per sommi capi, indicare il cammino compiuto dalla chiesa nella elaborazione di diverse tipologie di edifici che potessero accogliere i riti e le celebrazioni del popolo cristiano. Come per tutta l’arte in genere e per l’architettura civile, anche l’architettura religiosa ha risentito del clima culturale e artistico che si e’ respirato in diverse epoche. Non bisogna dimenticare però che un edificio sacro non è principalmente un luogo museale e che pur avendo attenzione al linguaggio artistico del tempo in cui è stato realizzato non può dimenticare lo scopo principale che è quello di usare un linguaggio al passo con i tempi, per il popolo di Dio che in esso si raduna. Per questo occorre parlare di adeguamento liturgico delle chiese, che indica l’insieme delle modifiche strutturali apportate all’interno delle chiese di rito romano in conseguenza della riforma liturgica attuata dopo il Concilio Vaticano II. Tutto questo però negli anni ha creato problemi di rapporto tra l’importanza degli edifici dal punto di vista storico architettonico e l’importanza di essere al passo con i tempi anche nella riflessione teologico spirituale. Come scrivevo in precedenza non è il carattere museale delle chiese che deve prevalere, ma il valore delle opere in esse contenute e lo stesso edificio devono essere messi al servizio del loro carattere di luoghi sacri. Come nel passato le opere d’arte erano certamente realizzate da grandi artisti e architetti, ma mantenevano principalmente la loro funzione di “Bibbia dei poveri”, ossia usavano un linguaggio che parlasse ed educasse coloro che ne fruivano, così anche ora e’ importante l’adeguamento per aiutare i fedeli a camminare per intendere in modo più adeguato il cammino di approfondimento del dogma. La Conferenza episcopale italiana nel 1996 ha emanato una nota pastorale intitolata L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, in cui i principi esposti nel Messale sono resi più cogenti: «la conformazione e la collocazione dell’altare devono rendere possibile la celebrazione rivolti al popolo e devono consentire di girarvi intorno e di compiere agevolmente tutti i gesti liturgici ad esso inerenti». Oltre all’adeguamento dell’altare, la nota pastorale prevede la trasformazione dello spazio per l’assemblea, di tutto il presbiterio, dell’area battesimale e dell’area penitenziale. Benché questa nota abbia vigore solo in Italia, anche negli altri paesi l’adeguamento liturgico delle chiese ha avuto uno sviluppo simile. L’adeguamento liturgico e l’orientamento del celebrante non sono mai menzionati nei documenti conciliari, ma la nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana nel 1996 al primo punto dichiara che: “L’adeguamento liturgico delle chiese è parte integrante della riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II: perciò la sua attuazione è doverosa come segno di fedeltà al Concilio.” Sono molti ormai gli esempi realizzati, tra questi: Il progetto di adeguamento liturgico della Chiesa del Santissimo nome di Gesù all’Argentina- ROMA. Lo spazio deve cercare di adeguarsi, di conformarsi e di plasmarsi per soddisfare le nuove esigenze. In virtù dell’unicità e del valore storico e culturale dei manufatti su cui si deve intervenire, le cui bellezze sono spesso frutto di eventi che nel corso delle diverse epoche storiche ne hanno definito le peculiarità, il tema della tutela è particolarmente sentito e complesso: la ricerca di quel punto d’equilibro, non facile da trovarsi, fra conservazione di quei valori che sono fondamento della nostra cultura e identità da preservare e tramandare, e quella necessità di trasformazione che serve a mantenere vivi i nostri edifici storici. Il progetto realizzato nella Chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina è stato indirizzato dalla volontà di offrire una risposta equilibrata e coerente alle nuove esigenze liturgiche richieste dalla committenza.