L’appuntamento, per i più, era sotto l’orologio della Bra, davanti alla farmacia: i ragazzi ci arrivavano con l’autobus, i più fortunati col motorino. Gli adulti lasciavano l’auto poco distante. Se dicevi “Ztl”, allora, ai giovani, quelli più alternativi, al massimo veniva in mente un collettivo di Sinistra o il nome di un gruppo punk. Gli stalli blu, o gialloblu, si vedevano solo quando l’Hellas vinceva e qualche tifoso festante colorava l’asfalto con la bomboletta spray. Dall’orologio, le compagnie, la “maraia”, il sabato e la domenica pomeriggio si incamminavano verso uno dei tanti cinema che popolavano il centro. D’inverno faceva ancora freddo e c’era la nebbia, pericolosissima in campagna ma terribilmente romantica in città. Internet non esisteva (al massimo si giocava col Comodore 64, poi soppiantato dal Sega Mega Drive) e per conoscere gli orari delle proiezioni bisognava andare all’angolo del Liston, dove di fronte c’era il bar Motta. La scelta del cinema non era un problema, ce n’erano a bizzeffe. Il Marconi, in via Mazzini, era forse il più frequentato. Altri tempi, altra Verona. Il Marconi non esiste più da una decina d’anni: al suo posto è stato costruito un grande negozio d’abbigliamento. In via Mazzini c’era anche il Supercinema. L’Astra, in via Oberdan, da tempo immemore giace in stato di totale abbandono. Guardarlo, per chi ama la nostra città, è un pugno allo stomaco, ma ripugna anche i turisti. Vetri rotti, sporcizia, porte divelte, graffiti sui muri, erbacce. Era uno dei templi del fine settimana: oggi è uno dei simboli dello stato d’abbandono che attanaglia alcuni scorci della città antica. Ci importa poco di chi sia la responsabilità di questa vergogna, e però chi è stato eletto per amministrare Verona dovrebbe rimboccarsi le maniche e porvi subito rimedio, che già è tardi. Un altro punto di ritrovo era il cinema Corallo, in via Quattro Spade. In città, di cinema, ve n’erano una decina. Tra Veronetta e Porta Vescovo c’erano il Capital Embassy e il Ciak. In zona c’era anche qualche sala frequentata dagli amanti dei generi un po’ spinti. Oggi invece di cinema, parliamo di sale adibite alla sola proiezione di film, in centro è rimasto soltanto il Rivoli, nella galleria del Liston. Teniamocelo stretto, speriamo che non soccomba anche lui alla logica del profitto a tutti i costi, dei grandi magazzini, dei negozi d’abbigliamento e dei ristoranti dai 50 euro in su a pranzo. Ci auguriamo che anche lui, tra qualche anno, non diventi luogo di abbandono e degrado. Anche il Rivoli è stato trasformato in un multisala, è vero, non ha più l’aspetto di una volta. Ma almeno esiste, ed entrandoci, o passandoci semplicemente davanti, possiamo ancora ricordare la Verona di un tempo. Quella romantica, dal volto umano, fatta di punti di ritrovo e genuinità. È la Verona che ci emoziona, dove tutto era più semplice, dove tutto, ripensandoci, sapeva di buono. Perché tutto, diciamocelo, era più normale. A.G.