“Da grande farò l’allenatore”. Studia, per farlo. Aspetta una chiamata.
Scalpita, ma sa come girano le cose del calcio. Il suo mondo. Sa che
non deve sbagliare, farsi prendere dall’ansia, accettare la prima proposta.
“So cosa voglio, penso di avere tante cose da trasmettere e voglio farlo,
nel posto giusto, al momento giusto”. Si vede con i ragazzi, “…perchè
mi piacerebbe poter insegnare qualcosa di quello che ho imparato io. E perchè vedo, spesso, che ai ragazzi vengono date nozioni sbagliate. Vado a vedere mio figlio e a volte sento qualche allenatore che urla: “Buttala via”, per non prendere gol. Buttarla via, ma cosa insegni a un bambino? Buttarla via, non è più calcio, è un’altra cosa…”. Martins Adailton è fatto così. Del resto, che giocatore era? “Io credo di aver avuto quello che meritavo, dalla mia carriera. Sono arrivato giovanissimo, il Parma, il Verona, il Bologna, il Genoa…Sono grandi squadre, dappertutto mi hanno voluto bene, me ne accorgo quando ci torno e la gente ti saluta con affetto. Ecco, sono felice perchè si ricordano i gol, ma forse si ricordano anche l’uomo Adailton. Perchè, io credo, alla fine, i gol passano, resta il ricordo della persona e quello mi rende ancora più orgoglioso”.
Ha scelto Verona, per viverci e veder crescere i figli e il suo nuovo piccolo e grande sogno. “Io non ho fretta, so che un giorno farò l’allenatore e non ne faccio una questione di categoria. Credo che sia importante quello che hai detro, quello che puoi dare agli altri”. Ripensa a quando arrivò in Italia, una valigia di sogni, un mare di saudade. “Che non è solo malinconia” spiega. “No, è qualcosa di diverso, qualcosa di più profondo. E’ ripensare alle tue cose, all’aria del Brasile, all’allegria del Brasile, alle facce del Brasile. E’ come un suono che senti e non va via. E’ casa tua”. Forse solo Verona poteva (un po’…) scacciare la saudade.
“L’idea – diceva tempo fa – è quella di fare un percorso giusto per arrivare in serie A. Sarebbe bello tornare dove ho vissuto l’esperienza da giocatore. Il modello? Mi piace Guardiola, ma ho un debole per l’Atalanta di Gasperini. Due concetti esasperati. Una squadra deve avere un’identità chiara e la mia è una formazione aggressiva che vuole fare la partita e prendersi il risultato”.
Poi un pensiero al Verona: “Juric ha dimostrato di esser maturo per una squadra importante. E sono molto felice per Italiano. Ho giocato 6 anni con lui, si è guadagnato ogni categoria sempre col gioco. Lo Spezia ha un’identità e anche quando ha avuto difficoltà ne è uscito per questo. Un nome tra i giovani? Segnatevi questo: Kayky, ha 17 anni, ma ha tutto per diventare un fenomeno”. Parola di Adailton.