“A Verona esisteva solo il calcio. Dal lunedì mattina alla domenica sera si parlava solo di calcio. Il resto non esisteva proprio, i veronesi non conoscevano altro”. Nasce da lì la voglia di sfidare lo scetticismo. “Non sono mai stato uno sportivo” ammette Giuseppe Vicenzi. “La prima partita di basket che ho visto è stato nel ‘72, il torneo in Arena. C’erano migliaia di spettatori, “allora, ho pensato, vuol dire che la pallacanestro può attirare pubblico, può creare interesse”.
Il più è fatto. La sfida è lanciata. Giuseppe Vicenzi entra nel basket, la squadra è in serie D. “Ma se Verona ha una squadra di calcio in serie A, ne avrà anche una di basket”, pensava. Intanto, riempiva la sua Mini Cooper di “lungagnoni e andavamo nella palestra di Basso Acquar”. “Io non capivo nulla di pallacanestro. Mi fidavo dei miei collaboratori, non ero uomo di sport. Mio fratello Mario sì. Lui era l’uomo giusto per seguire il basket. Glielo dissi e diventò più che un dirigente, era amico dei giocatori, la persona giusta per gestire l’aspetto tecnico”.
Intanto i sogni crescono. “Ci mancava il Palasport. La politica non ci sentiva. Così, andai dal sindaco Sboarina con Zanotto e Barbieri, che guidavano le due banche più importanti di Verona. Portavano in dote un miliardo, con 4 miliardi e mezzo il palazzetto sarebbe stato realtà. Il Comune fece poi da solo. Ma quella fu la spinta decisiva per costruire il PalaOlimpia, che ha garantito un futuro ai sogni della Scaligera”.
*dal libro “Le 7 meraviglie” di Renzo Puliero