Dopo l’enorme successo di pubblico e critica di A Quiet Place – Un posto tranquillo, che nel 2018 aveva incassato circa 324 milioni di dollari a fronte di un budget di 17, eccoci tre anni dopo di nuovo in compagnia della famiglia Abbott. Nel primo film li avevamo visti difendere la loro fattoria e se stessi dai malvagi alieni che avevano invaso la terra, divorando o distruggendo qualsiasi cosa emettesse il minimo suono; in seguito alla morte del capofamiglia Lee, Evelyn, Regan, Marcus e la neonata sorellina escono dai confini della loro casa, alla ricerca silenziosa di altri esseri umani sopravvissuti e, magari, di una nuova vita. Avventurandosi in un mondo dove il rumore continua a essere proibito, si renderanno però conto che i mostri non sono la sola minaccia da cui sarà necessario difendersi…
Scritto e diretto ancora una volta da John Krasinski – regista del primo episodio e interprete, peraltro, di Lee -, A Quiet Place II cerca di replicare la magia del suo antesignano, horror rivoluzionario per struttura e scrittura, spostando il suo genere dallo horror-western con un’unica ambientazione allo horror-on the road: il viaggio e la natura selvaggia e maligna diventano dunque il fulcro di questo sequel, nel quale insieme all’immediata necessità di salvarsi la pelle si impone il tema della crescita personale.
Stesso terrore, stessi mostri, stessi uomini e donne – e ragazzini – in fuga, posti diversi: essere lontani da casa vorrà dire dunque, per ciascuno dei protagonisti, perdere la già precaria sicurezza della protezione famigliare, intraprendere un viaggio nei meandri dell’oscurità del mondo e una lotta contro le proprie paure. Fronteggiare queste ultime sarà la chiave per affrontare i mali che la realtà pone davanti ogni giorno, compresi gli altri esseri umani, che dopo anni di vita in condizioni disumane si sono abbrutiti quanto e più dei mostri responsabili dell’apocalisse.
Se apprezzabile è la scelta contenutistica, il sotto testo metaforico è ben leggibile e la tensione resta elevata per tutta la visione del film, con la messa in scena del mondo esterno al microcosmo degli Abbott si intromettono anche tutti i topoi classici del genere apocalittico: paesaggi deserti, file di auto abbandonate sui ponti, trappole nascoste e potenzialmente mortali, tutti elementi che ai frequentatori del genere faranno suonare più di un campanello e che, inevitabilmente, fanno perdere di originalità un format di per sé rivoluzionario.
Ad accompagnarci in questa spaventosa gita fuori porta il volto già noto di Emily Blunt nei panni di Evelyn, madre coraggiosa che qui sconta la prevedibilità di alcuni schemi narrativi già visti e che ad ogni scena o battuta sembra ripetere, un po’ come chi scrive, un’unica domanda: c’era davvero bisogno di un sequel per un film già narrativamente esaurito in sé stesso con il primo episodio?
Maria Letizia