A poche ore dalla notizia del decesso in ospedale del detenuto di San Vittore che si era impiccato mentre era in corso la diretta della Prima della Scala di Milano, è arrivata la notizia dell’ennesimo suicidio
nel carcere di Verona.
Un giovane marocchino si è impiccato in una cella di isolamento, nei pressi dell’Ufficio Matricola.
Proveniva dalla quinta sezione e, dopo circa 3 anni di detenzione, si stava avviando al fine pena, gli mancavano solo 3 mesi. Ma non stava bene, aveva già dato ampi segnali in passato di disagio psichico, ingerendo vetri, ad esempio, ed incendiando la sua cella.
Nel pomeriggio di venerdì è stato portato a colloquio con lo psichiatra, dove si è agitato così tanto da diventare aggressivo; da qui la decisione di non ricondurlo in quinta sezione ma di metterlo in isolamento, da solo. E lì si è impiccato.
Ed è il terzo suicidio nel carcere di Montorio in meno di un mese.
“Storie diverse – dicono dall’associazione Sbarre di Zucchero – ma un denominatore comune per questi 3 ragazzi, il silenzio ormai insopportabile di Istituto e Garante dei detenuti, da parte loro tutto tace, ancora ed ancora”.
Sull’episodio c’è da registrare l’intervento di Jessica Cugini (in Comuneper Verona, Sinistra Civica Ecologista), che è intervenuta anche sull’altra tragica vicenda accaduta la sera prima del 10 dicembre.
“In quella giornata in cui si ricordano e rivendicano i diritti umani, – ha detto Jessica Cugini – è morto un ragazzo di 27 anni che si era rifugiato dentro a un locomotore abbandonato alle spalle del deposito di rame di stradone Santa Lucia. La si chiama Emergenza Freddo, ma sappiamo che i dormitori non sono sufficienti. Per questo occorrerebbe ricorrere a misure straordinarie, fare quel che in diverse città negli anni abbiamo visto fare: aprire le chiese (lo fece Napoli, Treviso, Trento, lo fece la comunità sant’Egidio a Trastevere, per citarne alcune), e quegli spazi da tempo chiusi, inutilizzati che possono diventare dormitori provvisori grazie a dei letti da campo. Non è risolutivo, ma se servisse a salvare anche solo una persona dal morire dal freddo sarebbe una morte in meno, in un tempo in cui le morti per mancanza di diritti sono già troppe”.
Sulle due vicende, c’è da registrare anche una presa di posizione del Pd, secondo il quale “questa è una delle volte in cui sarebbe utile venire incalzati anche dall’intera opposizione, perché per contrastare il fenomeno delle morti in carcere e per strada c’è bisogno del contributo di tutti: Comune, Provincia, Regione, Governo”.
Per Alessia Rota, Carlo Beghini, Carla Agnoli e il segretario provinciale Franco Bonfante, “il problema non è solo economico ma di civiltà. Insieme dobbiamo dire e comunicare con chiarezza che prima dello status giuridico di immigrato o di recluso, viene la dignità della persona che ha diritto ai servizi vitali: un tetto almeno per la notte, un pasto, cure sanitarie.
L’amministrazione comunale scaligera ha fatto enormi passi in avanti in questo senso potenziando i dormitori pubblici, le mense per i senza fissa dimora e avviando progetti per il reinserimento sociale dei detenuti, ma tutto ciò rischia di essere insufficiente di fronte ai pesanti tagli all’assistenza sociale, all’accoglienza e alla sanità e in persistenza di una propaganda sempre pronta ad etichettare il diverso e l’indesiderato.
Verona ha una tradizione secolare di accoglienza e solidarietà, è nello spirito della nostra città soccorrere i bisognosi. Le morti del giovane marocchino trovato assiderato nel deposito ferroviario di Santa Lucia e i suicidi che si susseguono a ritmo ormai settimanale nel carcere di Montorio non devono lasciare indifferenti“.