Luciano Marangon, indimenticato protagonista dello scudetto gialloblù del 1985, non è certo uno abituato a stare seduto sul divano. In questo periodo lo troviamo a Roma, impegnato nella prossima apertura di un chiringuito sul litorale laziale assieme all’ex difensore romanista Sebino Nela, con il quale ha difeso i colori giallorossi nell’anno disputato nella Capitale. «Con Sebino – ci racconta – siamo amici da tanti anni. Mi ha proposto la cosa, visto che è un’attività che ultimamente ho fatto diverse volte. Mi sono quindi buttato in questa nuova avventura. Sono uno che deve sempre avere qualcosa da fare». Il calcio per lui, invece, è per certi versi un lontano ricordo. «Ho smesso presto di giocare quando ero all’Inter. Dovevo andare al Tottenham ma il trasferimento saltò e io presi armi e bagagli, trasferendomi a New York per iniziare una nuova vita. Diventare allenatore? Troppo stress, mi è sempre piaciuto stare dietro le quinte. Iniziai, infatti, a fare l’agente di calciatori. Fui uno dei primi assieme a Caliendo, Carpeggiani e Canovi, prendendo successivamente anche il patentino, una volta diventato obbligatorio. Ora, invece, come sapete, sono impegnato ad aprire nuovi locali, quasi sempre in luoghi di mare».
Marangon è uno dei doppi ex della sfida di domenica tra Napoli e Verona. «Si affrontano due squadre con obiettivi diversi. Per i partenopei lo scudetto è sicuramente andato, tuttavia il rientro dei giocatori dagli impegni in Coppa d’Africa e d’Asia, può aiutarli a riprendere la corsa, almeno per conquistare il quarto posto, utile per andare in Champions. Il Verona, invece, si trova a lottare per la salvezza. Il mercato ha letteralmente rivoluzionato la squadra di Baroni ma io spero sempre che i gialloblù si salvino. Oramai il campionato italiano – è il suo commento finale – è diviso in tre mini tornei. Chi gioca per il titolo, chi per un posto in Europa e chi, infine, combatte per non retrocedere». Facciamo quindi un salto triplo all’indietro, quando Napoli e Verona sono state anche le sue squadre da calciatore. «A Napoli sono arrivato dopo gli anni di Vicenza. Ho passato una stagione meravigliosa in un posto splendido. Napoli è una città di mare, un po’ pazza come piace a me. Per qualche “gioco” di mercato a fine stagione sono finito alla Roma ma sarei rimasto volentieri. Quell’anno sfiorammo lo scudetto. Se non avessimo perso in casa con il Perugia probabilmente ce l’avremmo fatta. Anche a Verona, scudetto a parte, sono stati tre anni meravigliosi». Riguardo all’Hellas, aggiunge un curioso aneddoto: «Dovevo andare al Milan e il presidente rossonero Farina, che avevo avuto anche a Vicenza, mi suggerì di sparare un ingaggio alto per fare saltare tutto. Invece, con mio stupore, il Verona accettò. E sapete tutti poi come è andata». In chiusura, si parla di allenatori preferiti. Fin troppo facile dire Bagnoli. «Bagnoli come GB Fabbri sono stati per me come due padri, entrambi ci lasciavano liberi di esprimere le nostre qualità. Senza nulla togliere, però, ho avuto anche altri bravi tecnici come Ulivieri, Marchesi, Trapattoni e Liedholm. Di oggi, quello che mi piace di più è Ancelotti. Parliamo, però, di un calcio diverso che oggi, mi vien da dire, purtroppo non esiste più». Impossibile dargli torto.
Enrico Brigi