“A le Petarine, quel che ghè… ghè…” “E con calma”. E’ la scritta che ci accoglie nella storica osteria veronese di via S.Mamaso

“Quel che ghe, ghé…e con calma”. E’ la scritta che vi accoglie una volta entrati “A le Petarine”, storica osteria veronese di via San Mamaso, a due passi da Piazza Erbe. Enea ed Elena l’hanno
rilevata da poco, trasformandola negli spazi e aggiungendo una cucina a vista, per mostrare a tutti
che “femo tutto qua, no ghe roba precotta”. 4 anni fa hanno deciso assieme di cambiar vita: lui da sempre barbiere, ha lasciato l’attività di famiglia al figlio, e dopo l’esperienza a Masterchef ha scelto definitivamente di stare dietro ai fornelli. E lei, da direttrice di un negozio di abbigliamento, ad
assecondare tra i tavoli ogni richiesta degli affamati. Solo loro due, nessun dipendente, “bisogna
corar, ma se hai voglia di lavorare, ce la si fa”. Abbiamo assaggiato le mitiche polpette (menzione
speciale per quelle al cacio e pepe), gli abbondanti primi della casa ripieni di tradizione veneta, e scambiato due chiacchiere con Enea, mentre Elena terminava le ultime richieste del pranzo.
Partiamo dal nome, “Petarine” cosa significa?
In dialetto veronese, la “petara” sarebbe il cavallo basso dei pantaloni, e visto che il corrispondente
femminile non c’è, l’hanno interpretato così, come a dire: andiamo a vedere le belle ragazze, o si può dire anche in altri modi…(ride). Qui fuori c’era anche l’insegna del telefono, che ci hanno rubato, perchè una volta si veniva qui a chiamare.
Da dove nasce la tua passione per la cucina?
Sono nato guardando la nonna che faceva da mangiare sulle cucine economiche di una volta, con le pentole in rame. I genitori ci portavano dai nonni, loro andavano a ballare, e io davo una mano a lei mentre cucinava. Con pochi prodotti come i fegatini di pollo, “le regueste”, il pomodoro, il soffritto che si chiamava “desfritto”, faceva da mangiare per un sacco di nipoti. Mi ricordo la bellezza di quel periodo, mangiavi le cose del cortile che cuocevano ore e ore. Adesso cerco di riportare quello spirito anche qui.
Piatti più richiesti?
Sono i bigoli con le sarde, che io faccio un po’ alla veneziana e anche i maccheroncini col tastasal e
il monte. Faccio le trippe, la pasta e fagioli, la zuppa di cipolle in inverno, cose che difficilmente fai a casa. E su ordinazione poi, io sarei specializzato nei risotti.
Soddisfatti del nuovo percorso intrapreso quindi?
Sicuramente felici del cambio vita. E poi siamo in una zona storica, dove è nato il “Tocatì” e le feste
de “La Carega”, e ogni tanto capitano dei personaggi pazzeschi come il “Charlie”. Lavoriamo tanto
coi veronesi, visto il menù, ma anche con i turisti che leggono le belle recensioni che siamo riusciti a conquistarci sui social.

La ricetta: “ I bigoli con le sarde”

Ci racconti come fai i bigoli con le sarde?
Metto a soffriggere la cipolla assieme a delle acciughe, lascio rosolare, aggiungo un po’ di zucchero di canna e poi le sarde, senza sale e nient’altro. Poi un po’ di uvetta e noci tritate in chiusura.
Come pasta cosa usi?
Pasta fresca di grano duro, non all’uovo.
Vino da abbinarci?
Sicuramente il Durello.
Prezzi?
Le polpette 1,50, primi sui 12€, secondi tra i 13-14€

Fabio Ridolfi