Nell’estate di 80 anni fa, il 17 luglio 1944, è avvenuto uno dei più significativi episodi della Resistenza a Verona: l’assalto al carcere degli Scalzi, per la liberazione del sindacalista Giovanni Roveda.
Anche quest’anno l’ANPI, l’Associazione nazionale partigiani, ha organizzato una cerimonia di commemorazione: mercoledì prossimo alle ore 18 presso l’ex carcere in via Carmelitani Scalzi, in zona Porta Palio.
Dopo la deposizione di due corone d’alloro, davanti al monumento di don Giuseppe Chiot, il noto cappellano del carcere negli anni del fascismo, e sulla targa commemorativa sul muro dell’ex prigione, vi saranno i saluti del sindaco di Verona Tommasi, del sindaco di Lendinara Francesca Zeggio e dell’assessore di Torino Marco Porcedda (Roveda sarà il primo sindaco di Torino dopo la liberazione). ’Seguirà il discorso dell’avvocato Stefano de Bosio.
L’assalto al carcere degli scalzi
L’assalto al terribile e invalicabile carcere degli scalzi fu un’azione clamorosa, uno degli episodi più celebri della lotta partigiana: venne compiuta per la liberazione del sindacalista comunista Giovanni Roveda, ad opera di un gruppo di partigiani, composto da Emilio Bernardinelli, Aldo Petacchi, Lorenzo Fava, Emilio “Bernardino” Moretto, Danilo Preto, Vittorio Ugolini e Berto Zampieri. L’azione fu rapida: alle 6 e 20 del pomeriggio, un’automobile si presentò davanti al portone del carcere. Scese Bernardinelli che suonò e, quando il piantone gli aprì, Moretto entrò con la pistola in pugno.
Il commando partigiano raggiunse rapidamente la cella di Roveda, lo prelevò e, in cinque minuti, risalì in macchina col sindacalista liberato. Poi, il fatto imprevisto, tragico quanto beffardo: il motore non riusciva ad avviarsi e così i partigiani si ritrovarono sotto il tiro del direttore e delle guardie del carcere.
Il rientro a San Pancrazio, dove era stabilito il punto di appoggio e di assistenza, fu un vero e proprio calvario, perché tutti i partigiani erano feriti. Bernardinelli con Zampieri, Ugolini e Petacchi riuscirono a dileguarsi. Saranno, invece, rinvenuti più tardi, moribondi in macchina, Danilo Preto e Lorenzo Fava. Roveda venne messo in salvo, nascosto in una casa, lungo il percorso di fuga, dalle parti di lungadige Re Teodorico.
Preto, portato in ospedale, morirà poco dopo. Fava fu messo in carcere, dove fu sottoposto a estenuanti interrogatori, a sevizie e poi venne fucilato. Anche la moglie di Moretto, benché in attesa di un bambino, fu torturata. Fava e Preto hanno avuto la medaglia d’oro al valor militare.