8 marzo 1918, primo caso di spagnola Curiosa coincidenza: proprio 104 anni fa, veniva diagnosticata la nuova malattia

Un virus venuto da molto lontano, dalle cause ignote, trasmesso con la respirazione. L’unico modo per contenerlo è il distanziamento sociale, l’isolamento. Qualcuno grida al complotto, nel frattempo si chiudono scuole e attività, le occasioni di incontro si azzerano, gli ospedali si riempiono di malati e ad ogni allentamento delle misure restrittive si sussegue una nuova ondata di contagi. Tutte dinamiche a che noi, sopravvissuti al trauma da Covid-19, risultano fin troppo famigliari, ma che nel 1918 erano sorprendentemente già state messe in atto per un altro virus mostruoso e più letale: l’influenza spagnola.

IL PRIMO CASO. A due anni dall’inizio del primo lockdown predisposto dal governo italiano in risposta alla pandemia da Sars-CoV-2, sarà curioso notare che quasi per una strana casualità, proprio l’8 marzo del 1918 veniva diagnosticato il primo caso di influenza spagnola al mondo. La scoperta avveniva in un campo di addestramento militare del Kansas, in quegli Stati Uniti impegnati in una Guerra Mondiale che di persone ne ha uccise quasi 15 milioni e che è stata diretta causa dello scatenarsi dell’epidemia più mortale mai vista: tra il 1918 e il 1920 si raggiunsero i 500 milioni di contagiati, per un totale di circa 50 milioni di morti. Nonostante sul strettamente biologico ci siano notevoli differenze tra il Coronavirus e l’influenza da ceppo H1N1 alla base della spagnola, è innegabile che, a 100 anni dall’evento, rievocare alcune curiosità sulla reazione della società dell’epoca allo shock pandemico potrà aiutarci a comprendere quanto, nonostante i secoli, la natura umana sia rimasta tutto sommato uguale a sé stessa.

L’ORIGINE DELLA SPAGNOLA. Stando a ciò che sappiamo, l’epidemia di Covid è partita dalla città cinese di Wuhan, ma sin da subito pubblico ed esperti si sono divista tra l’ipotesi di un’origine naturale e quella di un virus artificiale sfuggito al controllo. La ricerca dell’untore era stata la prima reazione anche ai tempi della spagnola, quando il nome attribuito all’epidemia era stato un tentativo di addossare alla popolazione spagnola la responsabilità della sua diffusione. La Spagna era invece colpevole solo di essere stata la prima a individuarla, tant’è che nella penisola iberica la “spagnola” veniva chiamata “influenza del soldato napoletano”, mentre in Italia si parlava di “influenza tedesca”.

FAKE NEWS E CENSURA. Vi ricordate quando si diceva di assumere vitamina C contro il virus? O quando il presidente Trump consigliava in diretta nazionale di fare gargarismi con la candeggina? Ecco, qualcosa di simile è accaduto anche nel 1918: pillole, disinfettanti, clisteri con olio di ricino, tutto valeva nella disperazione della ricerca di una cura. Emblematica la notizia di un quotidiano che riporta di un cittadino morto avvelenato in seguito alla prescrizione di un medico incompetente. Le sfere dell’alto potere avevano inoltre vietato ai quotidiani di diffondere notizie che riportassero i dati reali, mentre si continuavano a divulgare informazioni sulle misure cautelari da adottare per evitare la diffusione del virus.

Maria Letizia Cilea