2017, svolta del governo neozelandese 5 anni fa un procedimento che assegnava lo statuto di persona giuridica a un fiume

Nel 2017 il governo neozelandese ha firmato un procedimento di legge che assegna lo statuto di persona giuridica al fiume Whanganui.
Attraverso dei «guardiani», scelti tra la popolazione Maori che vive a stretto contatto con il fiume e il suo ecosistema, il corso d’acqua in persona può avere accesso ai processi giuridici per difendere i propri diritti contro i danni derivanti dalle attività umane.
Nell’epoca del cambiamento climatico e dei disastri ambientali, si tratta di un approccio nuovo: conferire lo Stato di diritto a un’entità naturale permette di darle voce direttamente, esprimendo le esigenze che la natura ha rispetto al dominio dell’uomo.
La prospettiva teleologica della catastrofe naturale spinge l’uomo, nel migliore dei casi, ad una maggiore sensibilità sul tema della protezione degli ambienti naturali, ma si tratta
comunque di una visione antropocentrica che affida all’uomo (anthropos) la tutela della natura immaginando in ogni caso la “gestione” umana rispetto agli ecosistemi.
Dare voce a un fiume, a una montagna, a una foresta significa invece cercare di comprenderne i linguaggi nascosti, la complessità di equilibri delicatissimi, le espressioni di entità minerali, vegetali, animali, ma anche geologiche, idrologiche e così via.
Come l’antispecismo elimina l’idea di una superiorità umana e di gerarchie tra le specie di esseri viventi, anche in questo caso si tratta di ascoltare e interpretare le esigenze della
natura; porci domande e restituire agli enti naturali la dignità di esistere e di perseguire i propri sviluppi, uscendo dalla logica di sfruttamento che caratterizza troppo spesso il nostro rapporto con la natura.
Il tentativo di rimetterci in contatto, in connessione con la vita che è altro da noi – ma non certo inferiore, come vediamo dalle catastrofi naturali che a volte ci colpiscono – vuole superare gli interessi del momento presente per guardare agli
interessi del futuro e delle prossime generazioni.
Le battaglie sociali, a partire dalla Rivoluzione francese, hanno esteso i diritti a sempre più gruppi umani (e ancora resta molta strada da compiere); non fa parte del progresso conferire la stessa dignità a enti naturali sfruttati che in molti casi abitano la Terra da molto
prima di noi e per cui l’era di anthropos è solo un capitolo divenuto una rovina?
Certamente si tratta di una sfida, dall’interpretare un linguaggio sconosciuto alla sensibilità animistica di cogliere profonde relazioni tra umani e ambienti, tra diverse specie viventi, tra
fattori biochimici e vita sul pianeta.
D’altra parte è una necessità non “u-topica” (di un non-
luogo), ma assolutamente “topica”, legata ai luoghi della natura, non visti come semplici contesti ma animati della vita in cui siamo immersi. Una connessione con il pianeta che ci ospita che, tralasciata, costerà l’esistenza delle generazioni future.

EffeEmme