Pensionati che sempre di più faticano ad arrivare a fine mese: pensioni basse, minacce di aumento dell’Iva, ticket sanitari che incidono sui bilanci familiari. Di questo i rappresentanti di Cia Verona sono andati a parlare con il prefetto Donato Cafagna, chiedendo di farsi portavoce con il governo del grave disagio di tanti agricoltori anziani, che con assegni minimi di 500 euro non riescono a far fronte alle primarie esigenze della vita quotidiana. Andrea Lavagnoli, presidente di Cia Agricoltori Verona, Marta Turolla, direttore di Cia Verona, Laura Ferrin, presidente dell’Associazione pensionati di Cia e Gabriella Albrigi della direzione hanno consegnato un documento al prefetto in cui vengono elencate le criticità attuali. Cafagna ha assicurato che riporterà le loro richieste al tavolo del presidente del Consiglio e del ministero del Lavoro. “La nuova disciplina di indicizzazione delle pensioni penalizza i pensionati perché adotta un sistema che non tiene conto dei reali consumi degli anziani – ha spiegato Laura Ferrin -. Le risorse perse con il blocco dell’indicizzazione non saranno mai recuperate dai pensionati. Siamo inoltre in presenza di un’inadeguata strategia di politica sanitaria e di servizi sociali, soprattutto nelle aree rurali. Le persone anziane, già in difficoltà per gli effetti della crisi di questi ultimi anni, sono coloro che maggiormente soffrono di queste carenze. È particolare nelle donne, che hanno avuto una carriera lavorativa spesso discontinua, che si concentrano gli importi più bassi. Per di più, il recente provvedimento del Governo in materia di pensione di cittadinanza non solo non risolve il problema delle pensioni minime, ma prefigura situazioni di discriminazione e ulteriori diseguaglianze”. Cia, come ha sottolineato Lavagnoli, chiede alle istituzioni di “rivedere l’impianto normativo di indicizzazione delle pensioni, aumentando, progressivamente, tutte le pensioni minime almeno al 40% del reddito medio nazionale e istituendo per i nuovi pensionati una pensione di base di importo pari al 40% del reddito medio nazionale, come previsto dalla Carta sociale europea, a cui aggiungere la pensione Inps calcolata interamente con il sistema contributivo. In questo modo si potrebbe garantire una pensione dignitosa a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, come nel caso dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali”. L’organizzazione agricola chiede anche di ridurre il carico fiscale per i pensionati tra gli 8.000 e i 28mila euro annui, armonizzandolo a quello del lavoro dipendente, rendendo anche strutturale la quattordicesima per le pensioni sotto i 1.000 euro e prevedendo l’aumento del 30% per quelle già in essere. Infine, viene chiesto di inserire gli agricoltori (coltivatori diretti e Iap) tra le categorie che svolgono mansioni gravose e faticose per usufruire di anticipi pensionistici senza penalizzazioni.