Ci provò Luis Ignacio Marsiglia, all’epoca insegnante di religione al liceo classico “Scipione Maffei” – il più antico d’Italia – a dipingere Verona come la capitale mondiale del nazismo. Era settembre duemila. Il docente, uruguagio di religione ebraica, capelli arruffati grigi, occhiali da intellettuale, basco in testa e sigaro sempre in bocca, nottetempo denunciò di essere stato picchiato al grido «Viva Haider!» da un commando di teste rasate. Il caso fece il giro dei media di tutta Europa, Michele Santoro dedicò un’intera puntata di “Sciuscià” all’accaduto e la città venne sputtanata “urbi et orbi”. Fu la notizia d’apertura di tutti i notiziari, che ne parlarono per giorni. Peccato che poi il prof, non riuscendo più a sostenere il peso della balla che si era inventato, confessò di essersi ferito da solo, si scoprì che le svastiche di cui erano tappezzate le case del vicolo in cui abitava le aveva disegnate lui con la bomboletta spray e che non aveva i titoli per insegnare. In pochi giorni sparì dalla circolazione. Da qualche tempo l’ex docente che però non poteva docere fa il pittore a San Sebastian, nei Paesi Baschi, e si fa chiamare Elan Primo. Oggi ci prova un collega giornalista che scrive per Left, periodico che più di sinistra non si può, Checchino Antonini, a gettare quintali di fango su Verona, definita «Il laboratorio dell’intolleranza». La tesi del Checchino, sembra chiaro, è che Verona è una città a metà tra una sorta di Reich e un borgo medievale, dove se per strada hai la fortuna di non imbatterti in feroci squadristi trovi qualche cavalier templare. Ci mancano solo le streghe e i roghi. «Razzismo, xenofobia, omofobia vengono giustificati da citazioni bibliche e slogan deliranti» afferma Checchino, che ce l’ha col ministro veronese alla Famiglia Lorenzo Fontana perché rivendica la propria cristianità in virtù della quale, sostiene il ministro, spesso viene attaccato. E infatti ne è prova l’ultima edizione de “L’Espresso” in cui il vicesegretario della Lega viene ferocemente attaccato perché, attenzione, ogni mattina a Roma va a prendere messa col rito antico e difende la famiglia composta da papà e mamma, non da “genitore 1” e “genitore 2”. Che peccatore questo Fontana! Il quale, per il Checchino – e torniamo a Left – è anche colpevole perché frequenta la Curva Sud dell’Hellas Verona, «quella dei manichini impiccati contri i giocatori neri», e poco importa se il vergognoso gesto si è verificato solo una volta in 115 anni di storia del club, nel ‘96, e che i protagonisti furono soltanto quattro esaltati. Ma tant’è, Left attinge a piene mani dal più torbido dei pozzi dei luoghi comuni e racconta che è a Verona «che sono avvenute le prime gesta di Ludwig», serial killer che si dichiarava neonazista. Era evidente: e quale altra città poteva instillargli il seme dell’odio? «A Verona» poi, udite udite, «puoi incontrare un autobus con la scritta “Non confondete l’identità sessuale dei bambini» continua il Checchino, il quale forse vorrebbe confonderli, chissà. All’ombra dell’Arena sono all’ordine del giorno «aggressioni, pedinamenti, atti vandalici», addirittura «fari delle auto puntati contro le finestre degli appartamenti che accoglievano i rifugiati». Non contro quelli che li accolgono oggi, no. Contro quelle che gli accoglievano ieri, insomma, una ritorsione a vita. Sciorina accuse a destra e a manca Left, dimenticandosi però che a Verona vive e lavora la comunità rumena più integrata d’Italia (sono 10 mila solo in città), che in un solo quartiere – Veronetta – vivono circa 2 mila srilankesi coi loro negozi, che la nostra provincia è tra le prime per donazione di sangue, che la tanto vituperata curva dell’Hellas è tra le tifoserie più solidali del Paese e che ha appena raccolto migliaia di euro a favore dei dipendenti della Melegatti senza un lavoro dopo il fallimento dell’azienda dolciaria, che Verona è la quarta città turistica d’Italia ed è improbabile che milioni di persone spendano ogni anno centinaia se non migliaia di euro per trascorrere le proprie vacanze nell’inferno descritto da Left. Se la grande stampa cittadina non ha scritto una riga sull’uscita sinistra di Left, ci auguriamo quanto meno che lo faccia la politica: per ora il deputato leghista Vito Comencini ha difeso il ministro. «I crociati lottarono per difende l’Europa, la nostra civiltà ed i nostri valori cristiani, di cui non dobbiamo vergognarci».